Carlo Gislon |
15 Novembre 2012
“300 dpi”. Dal mito alla giusta risoluzione immagine
Tutti sanno che un'immagine destinata alla stampa deve avere una risoluzione di 300 dpi... e come tante cose che "tutti sanno", in realtà, è solo un luogo comune. Quanto dev'essere veramente la risoluzione di un'immagine?
Carlo Gislon – graphic designer è attivo da trent’anni nella grafica editoriale e pubblicitaria. Nel suo blog Segnopositivo propone suggerimenti, esperienze e opinioni tramite articoli originali, esaustivi, frutto di ricerca, studio e passione
In questo articolo:
Condividi
Mi piacerebbe offrirti uno o due valori e chiudere subito il discorso ma, purtroppo, la “risoluzione giusta universale” perché in realtà essa è frutto di almeno tre considerazioni: 1– distanza di visione; 2– qualità del supporto; 3 – tipo di immagine.
Ancorarsi ai “300 dpi” potrebbe costringerci a produrre file inutilmente grandi o troppi piccoli. È necessario perciò esplorare un po’ più a fondo l’argomento.
Ti illustrerò bene questi aspetti e ti offrirò un modo per pensare con la tua testa in modo che tu possa liberarti dal dato arbitrario dei “300 dpi”, certo, una buona scorciatoia ma piuttosto limitante e, allo stesso tempo, ingombrante.
Se cerchi una risposta urgente, senza tante teorie, ho incluso però una semplice tabella più avanti.
Innanzitutto chiariamo questo termine tecnico fondamentale: risoluzione immagine. Se lo afferri bene avrai risolto il dubbio una volta per tutte.
Cos’è la risoluzione di un’immagine?
La risoluzione di un’immagine è il grado di dettaglio di un’immagine a schermo o sulla stampa. Direi che questa è un’ottima definizione di partenza.
Poi abbiamo quest’altro termine chiave: Dpi, Dot per Inch, Punti per Pollice, un dato che si associa alle caratteristiche di stampa. Indica il grado di dettaglio in dell’immagine stampata.
Quando il dettaglio è elevato si usa dire che l'”immagine è ad alta risoluzione” o (più appropriato) ad “alta definizione”. Ma quanto deve essere alto il dettaglio per essere… alto?
Un’immagine a 300 dpi è sempre un’immagine ad alta definizione? No. Un’immagine a 50 dpi è sempre in bassa definizione? Ancora no. Vediamo perché.
Tornando ai nostri “300 dpi”, questa sarebbe un’immagine fatta da un reticolo di 300 pixel per pollice, per essere più chiari: 300 pixel ogni 2,54 cm. Poiché parliamo di centimetri ci riferiamo alle dimensioni di stampa.
Facendo un calcolo approssimativo, potremmo dire che una immagine con una base di 1000 pixel stampata a 300 dpi risulterebbe 3.3 pollici di larghezza e qualcosa (8,25 centimetri).
Non sarebbe un’immagine con un gran che di dettagli, quindi non ad alta definizione ma se resto a quelle dimensioni di stampa sarebbe comunque un’immagine a 300 dpi e quindi ad alta risoluzione
Se però raddoppiassimo le dimensioni di stampa (senza modificare l’immagine) essa si ridurrebbe proporzionalmente a 150 dpi e potrebbe non avere più una risoluzione sufficiente.
Non esistono quindi “immagini a risoluzione sufficiente” e nemmeno ad “alta risoluzione” se non in relazione alle dimensioni con cui verranno riprodotte in stampa o sullo schermo.
Tuttavia, di solito, un’immagine con lati 3, 4 mila pixel può essere considerata, ragionando in modo meno tecnico ad alta definizione.
Se dovessi, ad esempio, riprodurre un pannello di 5 metri per 3, che riproduce una foto di grande qualità, che le persone vedono da vicino, questi pixel non mi basterebbero per stampare a risoluzione sufficiente.
Non confondiamo nemmeno dimensioni con risoluzione. Le dimensioni di un’immagine digitale sono esclusivamente e semplicemente le sue dimensioni in pixel, base per altezza.
La risoluzione, voglio ribadirlo in modo pedante, è il grado di dettaglio. La stampa ottimale richiede gradi di dettaglio tra i 200 e i 600 dpi con eccezioni che vedremo.
E non è nemmeno vero che più sono in pixel più dettagliata è un’immagine come non è vero che 300 dpi sono una garanzia. Per questo è importante impadronirsi del concetto piuttosto che usare il “dato dei 300 dpi” in maniera dogmatica.
Risoluzione della stampante
Un’altra confusione che può crearsi è confondere la risoluzione di un’immagine con quella del dispositivo di stampa.
La risoluzione del dispositivo di stampa esprime in pratica il numero di linee distinte di inchiostro/toner che tale dispositivo è in grado di depositare per unità di misura.
Rappresenta il potenziale di dettaglio offerto da quel dispositivo. È, e deve essere molto più alto della risoluzione di solito usata per un’immagine, perché?
Perché, come vedremo meglio poi, alcune immagini, quelle “al tratto” e, diciamo, le immagini vettoriali in genere (quelle descritte matematicamente non come matrice di pixel), hanno bisogno di altissime definizioni di stampa per essere riprodotte in modo soddisfacente.
Una stampante, anche se in grado di stampare a risoluzione pazzesche, non renderà più dettagliata un’immagine. La pubblicità di tali dispositivi è un po’ ingannevole in tal senso.
Risoluzione: oltre il mito dei 300 dpi
Dopo aver definitivo ed esaminato il termine “risoluzione”, ora ha senso discutere di valori appropriati.
Qual è allora la risoluzione giusta? La risoluzione ideale è in relazione, come accennavo proprio all’inizio, a tre fattori: qualità della carta, distanza di lettura, tipo di immagine. Vediamoli meglio.
Qualità della carta
È presto detto: più liscia e meno assorbente è la carta, maggiore è la definizione necessaria e potenzialmente riproducibile da quel supporto.
“Necessaria” perché una carta del genere farà notare maggiormente la mancanza di dettaglio, “potenziale” perché questo supporto mi permette di rendere visibili il maggior numero di dettagli.
Le carte patinate (quelle con un sottilissimo strato minerale, tra le più comuni in stampa) riescono a sfruttare definizioni elevate restituendoci i dettagli del file originale.
Le famose carte per stampe fotografiche, quelle molto lisce e lucide sono in grado di valorizzare risoluzioni ben maggiori di 300 dpi. Per queste la risoluzione ottimale è 600 dpi.
Ecco perché queste carte sono usate di solito per stampe di qualità elevatissima, per foto-quadri ad esempio
Le carte normali per la stampa, offset patinate ad esempio, danno buoni risultati a partire da 200 dpi oltre i quali la differenza è difficile a notarsi in diversi casi.
Non ha quindi senso, in una carta molto porosa, ad esempio quella di un quotidiano o di un libro con carta usomano (senza patinatura superficiale) usare definizioni molto alte. 200 dpi possono andare benissimo.
Distanza di visione/lettura
Il “fattore 300 dpi” si riferisce di solito a una distanza di lettura di circa quaranta centimetri, quella da cui di solito si leggono giornali o riviste.
In un poster o cartellone pubblicitario diventa controproducente oltre che inutile una definizione così alta. Pensate che un cartellone 6 x 3 metri in formato Rgb a 300 dpi peserebbe circa 54 GB!
Partendo dal rapporto 300 dpi = 40 cm, come citato sopra, potremmo ricavare le risoluzioni adeguate per ogni distanza di visione prevista.
Così un billboard (un cartellone pubblicitario) che potremmo presumere essere scorto da 10 e più metri, potrebbe avere una risoluzione di 15 dpi come risulta in proporzione.
La grafica di uno stand fieristico, la cui visione si presume avvenga a una distanza di circa un metro o due, potrebbe essere realizzato con una risoluzione prudenziale di 150 dpi.
Tale risoluzione va benissimo per un pannello che deve essere visto da un metro circa di distanza. Se contenesse del testo, ricordiamoci che esso deve comunque essere vettoriale.
Il tipo di immagine
Ricordo un episodio che mi sarà capitato una ventina di anni fa. Un tipografo, per la verità molto bravo, non riusciva a capacitarsi perché il logo rappresentato in una scheda tecnica che gli avevo consegnato per la stampa, presentasse, nella pellicola che aveva appena sviluppato, il difetto di avere i bordi “seghettati”.
Eppure era un’immagine di ben “300 dpi”! Tutti sanno che 300 sono sufficienti! Ma niente da fare: bordi seghettati, ed era molto evidente.
Conoscendo il motivo, feci cambiare al tipografo le impostazioni di stampa del file. Xpress, allora re incontrastato dei programmi di impaginazione, aveva le sue opzioni di stampa e, se non ricordo male, ne aveva una del tipo “stampa le immagini tiff a piena risoluzione”.
Spuntata la casella il problema era sparito e l’immagine risultava perfettamente nitida. Xpress aveva creato un output in pellicola molto maggiore di 300 dpi lasciando la risoluzione dell’immagine come io l’avevo elaborata: ben 800 dpi.
Morale della storia, quando un’immagine ha bordi netti, in altre parole, differenze nette di colore, in gergo “immagini al tratto”, 300 dpi sono tutt’altro che sufficienti.
Risultati accettabili si ottengono a partire da 600, a 800 sono già buoni, a 1200 i difetti sono di fatto invisibili.
Il discorso è ancor più valido per il testo. Un elemento monocromatico, come appunto è il testo, è privo di sfumature (passaggi di colore).
Quando un’immagine contiene testo, 300 dpi sono assolutamente insufficienti. In realtà, elementi come testo e logo, non dovrebbero essere trattati come immagini bitmap ma come elementi vettoriali.
Nel “fai da te della grafica” si trovano spesso pagine pubblicitarie che sono in realtà un’unica immagine bitmap, di solito un Jpg. Un errore comune e grossolano.
Tabella riepilogativa risoluzione immagini
Veniamo ora, come promesso, a una sintesi di tutto quanto detto finora. Le risoluzioni approssimative corrette da usarsi potrebbero essere quindi rappresentate in questa tabella:
Tipo di Stampa | Risoluzione Ideale di Stampa (DPI) | Considerazioni Aggiuntive |
---|---|---|
Giornali | 85-150 DPI | Carta da giornale assorbente; stampa ad alta velocità. Se si usa una risoluzione più elevata le immagini possono “sfocare” |
Riviste | 250-300 DPI | Carta di alta qualità; immagini dettagliate e testi nitidi. |
Poster | 150-200 DPI | Dipende dalla distanza di visualizzazione |
Cartelloni Pubblicitari | 10-72 DPI | Visti da lontano; risoluzione più bassa è accettabile. |
Piccole e Medie Fotografie (fino a 20×30 cm) | 400-600 DPI | Carta fotografica lucida; maggiore risoluzione per maggiori dettagli. |
Grandi Fotografie (oltre 20×30 cm, fino a 60×90 cm) | 300-400 DPI | Dipende dalla distanza di visualizzazione; mantenere una risoluzione sufficiente per una qualità elevata. |
Fotoquadri molto grandi (oltre 60×90 cm) | 200-300 DPI | Visti da lontano; risoluzione leggermente più bassa è accettabile. |
Ora dovresti saper scegliere la risoluzione giusta per la tua immagine o valutare se l’immagine che ti viene fornita ha una risoluzione adeguata.
È necessario però fare altre considerazioni molto pertinenti e molto utili nel far proprio il concetto di risoluzione e della sua relazione con l’atto pratico e la qualità delle immagini in genere.
Formato Pdf e risoluzione immagine
Il formato Pdf conserva i formati originali delle immagini contenute (che siano vettoriali o bitmap) mentre un formato come jpg o tif, traduce tutto in un’immagine a matrice di pixel.
Il Pdf è una specie di “contenitore” in cui ogni elemento ha una “descrizione” a sé stante che deriva dai file sorgente adoperati nella realizzazione.
Questo è uno dei motivi per cui il Pdf è diventato lo standard per la produzione di file per la stampa. Le immagini in esso contenute verranno riprodotte alla loro risoluzione mentre i contenuti vettoriali alla massima definizione del dispositivo (di solito 2400 dpi).
Spesso il dilettante invia alla stampa, invece, il formato jpg, un’immagine bitmap a matrice di pixel, ottenendo risultati scadenti. Viene incoraggiato purtroppo degli stessi fornitori che, per comodità, permettono l’invio di tali formati.
Gli scatti fotografici sono di solito a “tono continuo”: non hanno stacchi completamente netti di tonalità, i passaggi di colore sono più o meno graduali. 300 dipi in questo caso sono più che sufficienti per la stampa di immagini fotografiche su carta patinata.
Una parentesi sul web
Sul web è più conveniente ragionare in termini di dimensioni. Semplicemente, si considerano le misure in pixel rapportandole a quelle del dispositivo di lettura (monitor, tablet…).
Un’immagine di 1000 pixel di larghezza occuperà mezzo monitor largo 2000. Tutto qui. Teniamo magari conto di eventuali zoom dell’utente che possono rendere opportuno l’uso di immagini più grandi.
Un monitor di grandi dimensioni (in pixel) potrebbe essere paragonato a una stampante di alta qualità.
Potremmo considerare le misure eventualmente assegnate tramite codice Html o Css come delle dimensioni di stampa (una “stampa” sullo schermo).
Ad esempio, assegnando una dimensione del 200% ridurremmo della metà la definizione rendendo visibili i pixel.
Finalmente arrivò il formato Svg…
Il più recente formato Svg ha aperto la strada alle immagini vettoriali sul web. Il nuovo formato è indipendente dalla risoluzione e viene sempre rappresentato, a qualsiasi ingrandimento, molto nitidamente. Tutti i browser recenti lo supportano.
Aumentare la risoluzione dell’immagine
Un programma come Photoshop, è capace di aumentare a piacimento la risoluzione di un’immagine aggiungendo artificialmente pixel in base a un calcolo. Per farla semplice, a due pixel vicini, ne aggiunge altri in mezzo con tonalità intermedie.
Tuttavia ciò non migliora la qualità dell’immagine che risulterà, sì, ad una risoluzione più alta, ma non più ricca di dettaglia anzi, sembrerà leggermente sfocata.
Meglio lasciare le immagini alla loro definizione massima originale. Tra parentesi, anche la riduzione dei pixel peggiora, in misura molto minore, l’immagine.
Un altro “fenomeno” interessante è che se aumento le dimensioni artificialmente e poi le riconduco alle precedenti, la foto non ritornerà nitida come l’originale. Il motivo si può facilmente dedurre.
Tali operazioni, dette di interpolazione, peggiorano sempre la qualità di un’immagine a “tono continuo.” In più tali difetti si accumulano quando l’immagine viene ingrandita e ridotta più volte.
Intelligenza artificiale e risoluzione immagine
Le cose cambiano se si usano i potenti algoritmi dell’intelligenza artificiale che non producono solo una interpolazione ma “inventano” dal nulla nuovi pixel.
Questi strumenti, che in un programma come Photoshop, sono semplici plug-in, riescono a “comprendere” l’immagine e inserire quindi pixel coerenti, non semplicemente delle “vie di mezzo”.
Per mia esperienza, i risultati non sono perfetti ma sono un netto balzo in avanti rispetto alla normale interpolazione.
Vanno usati come ultima risorsa e senza fidarsi ciecamente ma vale la pena restare sintonizzati per sviluppi in tale direzione. Ma non esiste attualmente nessuna funzione in grado di replicare una foto scattata originariamente ad alta definizione da un professionista.
La risoluzione NON è sinonimo di qualità
E se ti dicessi a questo punto che la risoluzione non è il vero problema? Ti ho fatto sprecare tempo con questa pappardella? Niente affatto, ti sto solo raccomandando di non perdere di vista il vero significato di “qualità tecnica dell’immagine”.
Vittime dei “dogmi” dei 300 dpi o dell'”alta risoluzione”, si potrebbe arrivare al punto da preferire immagini insignificanti, dai colori pessimi, dalla scarsa nitidezza a immagini nitide, dai colori equilibrati e dal grande messaggio artistico ma che non hanno la risoluzione “adatta”.
Quale scegliere? Io non avrei dubbi e opterei sicuramente per la seconda. La risoluzione è solo una delle caratteristiche dell’immagine e non una garanzia di qualità. La grafica è comunicazione, non numeri.
Questa non deve essere una scusa per usare immagini tecnicamente scadenti e d’altro canto un capolavoro potrebbe essere reso disgustoso da una risoluzione troppo bassa.
Qui casca l’asino anzi, su questo punto cadono diversi asini perché il parametro “risoluzione immagine” non è affatto sinonimo di qualità come molti pensano. Magari è una parente lontana.
Un’immagine potrebbe avere una risoluzione di 300 dpi e oltre ed essere ugualmente una pessima immagine tecnicamente e artisticamente parlando.
Potremmo avere pessime immagini stampate a risoluzione elevatissima, 300 dpi e oltre, ed altre eccezionali a una definizione più bassa.
La qualità tecnica di un’immagine non dipende dalla risoluzione ma è fondamentalmente costituita da alcuni aspetti fondamentali: nitidezza, dettagli, bilanciamento dei colori, gamma e dall’assenza di difetti quali distorsioni o rumore.
L’ossessione verso la risoluzione ha fatto perdere di vista, nei non-professionisti almeno, i veri segni di qualità tecnica di un’immagine.
In definitiva: se una foto appare con colori sballati, zone in ombra dove non si scorge alcun dettaglio oppure è sfocata, allora è tecnicamente una pessima immagine, indipendentemente dalla sua risoluzione.
Conclusioni
Ci sono immagini orribili che hanno una risoluzione perfetta… ma una foto scadente resta una foto scadente anche se “a 300 dpi”.
L’IA può aiutarci a recuperare foto di ottima qualità artistica ma che purtroppo sono disponibili a una definizione bassa.
Testo, marchi e illustrazioni dovrebbero invece andare in stampa sempre in formato vettoriale. Qui sarebbe molto evidente una risolzione bassa.
Un’immagine che sa comunicare vale molto di più e si dovrebbe tentare di usarla anche se non ha una risoluzione sufficiente. Ora potrai dare il giusto peso a questa informazione.
Articoli suggeriti
Cerca altri articoli
“300 dpi”. Dal mito alla giusta risoluzione immagine
Tutti sanno che un'immagine destinata alla stampa deve avere una risoluzione di 300 dpi... e come tante cose che "tutti sanno", in realtà, è solo un luogo comune. Quanto dev'essere veramente la risoluzione di un'immagine?
15 Novembre 2012 |
Carlo Gislon
Mi piacerebbe offrirti uno o due valori e chiudere subito il discorso ma, purtroppo, la “risoluzione giusta universale” perché in realtà essa è frutto di almeno tre considerazioni: 1– distanza di visione; 2– qualità del supporto; 3 – tipo di immagine.
Ancorarsi ai “300 dpi” potrebbe costringerci a produrre file inutilmente grandi o troppi piccoli. È necessario perciò esplorare un po’ più a fondo l’argomento.
Ti illustrerò bene questi aspetti e ti offrirò un modo per pensare con la tua testa in modo che tu possa liberarti dal dato arbitrario dei “300 dpi”, certo, una buona scorciatoia ma piuttosto limitante e, allo stesso tempo, ingombrante.
Se cerchi una risposta urgente, senza tante teorie, ho incluso però una semplice tabella più avanti.
Innanzitutto chiariamo questo termine tecnico fondamentale: risoluzione immagine. Se lo afferri bene avrai risolto il dubbio una volta per tutte.
Cos’è la risoluzione di un’immagine?
La risoluzione di un’immagine è il grado di dettaglio di un’immagine a schermo o sulla stampa. Direi che questa è un’ottima definizione di partenza.
Poi abbiamo quest’altro termine chiave: Dpi, Dot per Inch, Punti per Pollice, un dato che si associa alle caratteristiche di stampa. Indica il grado di dettaglio in dell’immagine stampata.
Quando il dettaglio è elevato si usa dire che l'”immagine è ad alta risoluzione” o (più appropriato) ad “alta definizione”. Ma quanto deve essere alto il dettaglio per essere… alto?
Un’immagine a 300 dpi è sempre un’immagine ad alta definizione? No. Un’immagine a 50 dpi è sempre in bassa definizione? Ancora no. Vediamo perché.
Tornando ai nostri “300 dpi”, questa sarebbe un’immagine fatta da un reticolo di 300 pixel per pollice, per essere più chiari: 300 pixel ogni 2,54 cm. Poiché parliamo di centimetri ci riferiamo alle dimensioni di stampa.
Facendo un calcolo approssimativo, potremmo dire che una immagine con una base di 1000 pixel stampata a 300 dpi risulterebbe 3.3 pollici di larghezza e qualcosa (8,25 centimetri).
Non sarebbe un’immagine con un gran che di dettagli, quindi non ad alta definizione ma se resto a quelle dimensioni di stampa sarebbe comunque un’immagine a 300 dpi e quindi ad alta risoluzione
Se però raddoppiassimo le dimensioni di stampa (senza modificare l’immagine) essa si ridurrebbe proporzionalmente a 150 dpi e potrebbe non avere più una risoluzione sufficiente.
Non esistono quindi “immagini a risoluzione sufficiente” e nemmeno ad “alta risoluzione” se non in relazione alle dimensioni con cui verranno riprodotte in stampa o sullo schermo.
Tuttavia, di solito, un’immagine con lati 3, 4 mila pixel può essere considerata, ragionando in modo meno tecnico ad alta definizione.
Se dovessi, ad esempio, riprodurre un pannello di 5 metri per 3, che riproduce una foto di grande qualità, che le persone vedono da vicino, questi pixel non mi basterebbero per stampare a risoluzione sufficiente.
Non confondiamo nemmeno dimensioni con risoluzione. Le dimensioni di un’immagine digitale sono esclusivamente e semplicemente le sue dimensioni in pixel, base per altezza.
La risoluzione, voglio ribadirlo in modo pedante, è il grado di dettaglio. La stampa ottimale richiede gradi di dettaglio tra i 200 e i 600 dpi con eccezioni che vedremo.
E non è nemmeno vero che più sono in pixel più dettagliata è un’immagine come non è vero che 300 dpi sono una garanzia. Per questo è importante impadronirsi del concetto piuttosto che usare il “dato dei 300 dpi” in maniera dogmatica.
Risoluzione della stampante
Un’altra confusione che può crearsi è confondere la risoluzione di un’immagine con quella del dispositivo di stampa.
La risoluzione del dispositivo di stampa esprime in pratica il numero di linee distinte di inchiostro/toner che tale dispositivo è in grado di depositare per unità di misura.
Rappresenta il potenziale di dettaglio offerto da quel dispositivo. È, e deve essere molto più alto della risoluzione di solito usata per un’immagine, perché?
Perché, come vedremo meglio poi, alcune immagini, quelle “al tratto” e, diciamo, le immagini vettoriali in genere (quelle descritte matematicamente non come matrice di pixel), hanno bisogno di altissime definizioni di stampa per essere riprodotte in modo soddisfacente.
Una stampante, anche se in grado di stampare a risoluzione pazzesche, non renderà più dettagliata un’immagine. La pubblicità di tali dispositivi è un po’ ingannevole in tal senso.
Risoluzione: oltre il mito dei 300 dpi
Dopo aver definitivo ed esaminato il termine “risoluzione”, ora ha senso discutere di valori appropriati.
Qual è allora la risoluzione giusta? La risoluzione ideale è in relazione, come accennavo proprio all’inizio, a tre fattori: qualità della carta, distanza di lettura, tipo di immagine. Vediamoli meglio.
Qualità della carta
È presto detto: più liscia e meno assorbente è la carta, maggiore è la definizione necessaria e potenzialmente riproducibile da quel supporto.
“Necessaria” perché una carta del genere farà notare maggiormente la mancanza di dettaglio, “potenziale” perché questo supporto mi permette di rendere visibili il maggior numero di dettagli.
Le carte patinate (quelle con un sottilissimo strato minerale, tra le più comuni in stampa) riescono a sfruttare definizioni elevate restituendoci i dettagli del file originale.
Le famose carte per stampe fotografiche, quelle molto lisce e lucide sono in grado di valorizzare risoluzioni ben maggiori di 300 dpi. Per queste la risoluzione ottimale è 600 dpi.
Ecco perché queste carte sono usate di solito per stampe di qualità elevatissima, per foto-quadri ad esempio
Le carte normali per la stampa, offset patinate ad esempio, danno buoni risultati a partire da 200 dpi oltre i quali la differenza è difficile a notarsi in diversi casi.
Non ha quindi senso, in una carta molto porosa, ad esempio quella di un quotidiano o di un libro con carta usomano (senza patinatura superficiale) usare definizioni molto alte. 200 dpi possono andare benissimo.
Distanza di visione/lettura
Il “fattore 300 dpi” si riferisce di solito a una distanza di lettura di circa quaranta centimetri, quella da cui di solito si leggono giornali o riviste.
In un poster o cartellone pubblicitario diventa controproducente oltre che inutile una definizione così alta. Pensate che un cartellone 6 x 3 metri in formato Rgb a 300 dpi peserebbe circa 54 GB!
Partendo dal rapporto 300 dpi = 40 cm, come citato sopra, potremmo ricavare le risoluzioni adeguate per ogni distanza di visione prevista.
Così un billboard (un cartellone pubblicitario) che potremmo presumere essere scorto da 10 e più metri, potrebbe avere una risoluzione di 15 dpi come risulta in proporzione.
La grafica di uno stand fieristico, la cui visione si presume avvenga a una distanza di circa un metro o due, potrebbe essere realizzato con una risoluzione prudenziale di 150 dpi.
Tale risoluzione va benissimo per un pannello che deve essere visto da un metro circa di distanza. Se contenesse del testo, ricordiamoci che esso deve comunque essere vettoriale.
Il tipo di immagine
Ricordo un episodio che mi sarà capitato una ventina di anni fa. Un tipografo, per la verità molto bravo, non riusciva a capacitarsi perché il logo rappresentato in una scheda tecnica che gli avevo consegnato per la stampa, presentasse, nella pellicola che aveva appena sviluppato, il difetto di avere i bordi “seghettati”.
Eppure era un’immagine di ben “300 dpi”! Tutti sanno che 300 sono sufficienti! Ma niente da fare: bordi seghettati, ed era molto evidente.
Conoscendo il motivo, feci cambiare al tipografo le impostazioni di stampa del file. Xpress, allora re incontrastato dei programmi di impaginazione, aveva le sue opzioni di stampa e, se non ricordo male, ne aveva una del tipo “stampa le immagini tiff a piena risoluzione”.
Spuntata la casella il problema era sparito e l’immagine risultava perfettamente nitida. Xpress aveva creato un output in pellicola molto maggiore di 300 dpi lasciando la risoluzione dell’immagine come io l’avevo elaborata: ben 800 dpi.
Morale della storia, quando un’immagine ha bordi netti, in altre parole, differenze nette di colore, in gergo “immagini al tratto”, 300 dpi sono tutt’altro che sufficienti.
Risultati accettabili si ottengono a partire da 600, a 800 sono già buoni, a 1200 i difetti sono di fatto invisibili.
Il discorso è ancor più valido per il testo. Un elemento monocromatico, come appunto è il testo, è privo di sfumature (passaggi di colore).
Quando un’immagine contiene testo, 300 dpi sono assolutamente insufficienti. In realtà, elementi come testo e logo, non dovrebbero essere trattati come immagini bitmap ma come elementi vettoriali.
Nel “fai da te della grafica” si trovano spesso pagine pubblicitarie che sono in realtà un’unica immagine bitmap, di solito un Jpg. Un errore comune e grossolano.
Tabella riepilogativa risoluzione immagini
Veniamo ora, come promesso, a una sintesi di tutto quanto detto finora. Le risoluzioni approssimative corrette da usarsi potrebbero essere quindi rappresentate in questa tabella:
Tipo di Stampa | Risoluzione Ideale di Stampa (DPI) | Considerazioni Aggiuntive |
---|---|---|
Giornali | 85-150 DPI | Carta da giornale assorbente; stampa ad alta velocità. Se si usa una risoluzione più elevata le immagini possono “sfocare” |
Riviste | 250-300 DPI | Carta di alta qualità; immagini dettagliate e testi nitidi. |
Poster | 150-200 DPI | Dipende dalla distanza di visualizzazione |
Cartelloni Pubblicitari | 10-72 DPI | Visti da lontano; risoluzione più bassa è accettabile. |
Piccole e Medie Fotografie (fino a 20×30 cm) | 400-600 DPI | Carta fotografica lucida; maggiore risoluzione per maggiori dettagli. |
Grandi Fotografie (oltre 20×30 cm, fino a 60×90 cm) | 300-400 DPI | Dipende dalla distanza di visualizzazione; mantenere una risoluzione sufficiente per una qualità elevata. |
Fotoquadri molto grandi (oltre 60×90 cm) | 200-300 DPI | Visti da lontano; risoluzione leggermente più bassa è accettabile. |
Ora dovresti saper scegliere la risoluzione giusta per la tua immagine o valutare se l’immagine che ti viene fornita ha una risoluzione adeguata.
È necessario però fare altre considerazioni molto pertinenti e molto utili nel far proprio il concetto di risoluzione e della sua relazione con l’atto pratico e la qualità delle immagini in genere.
Formato Pdf e risoluzione immagine
Il formato Pdf conserva i formati originali delle immagini contenute (che siano vettoriali o bitmap) mentre un formato come jpg o tif, traduce tutto in un’immagine a matrice di pixel.
Il Pdf è una specie di “contenitore” in cui ogni elemento ha una “descrizione” a sé stante che deriva dai file sorgente adoperati nella realizzazione.
Questo è uno dei motivi per cui il Pdf è diventato lo standard per la produzione di file per la stampa. Le immagini in esso contenute verranno riprodotte alla loro risoluzione mentre i contenuti vettoriali alla massima definizione del dispositivo (di solito 2400 dpi).
Spesso il dilettante invia alla stampa, invece, il formato jpg, un’immagine bitmap a matrice di pixel, ottenendo risultati scadenti. Viene incoraggiato purtroppo degli stessi fornitori che, per comodità, permettono l’invio di tali formati.
Gli scatti fotografici sono di solito a “tono continuo”: non hanno stacchi completamente netti di tonalità, i passaggi di colore sono più o meno graduali. 300 dipi in questo caso sono più che sufficienti per la stampa di immagini fotografiche su carta patinata.
Una parentesi sul web
Sul web è più conveniente ragionare in termini di dimensioni. Semplicemente, si considerano le misure in pixel rapportandole a quelle del dispositivo di lettura (monitor, tablet…).
Un’immagine di 1000 pixel di larghezza occuperà mezzo monitor largo 2000. Tutto qui. Teniamo magari conto di eventuali zoom dell’utente che possono rendere opportuno l’uso di immagini più grandi.
Un monitor di grandi dimensioni (in pixel) potrebbe essere paragonato a una stampante di alta qualità.
Potremmo considerare le misure eventualmente assegnate tramite codice Html o Css come delle dimensioni di stampa (una “stampa” sullo schermo).
Ad esempio, assegnando una dimensione del 200% ridurremmo della metà la definizione rendendo visibili i pixel.
Finalmente arrivò il formato Svg…
Il più recente formato Svg ha aperto la strada alle immagini vettoriali sul web. Il nuovo formato è indipendente dalla risoluzione e viene sempre rappresentato, a qualsiasi ingrandimento, molto nitidamente. Tutti i browser recenti lo supportano.
Aumentare la risoluzione dell’immagine
Un programma come Photoshop, è capace di aumentare a piacimento la risoluzione di un’immagine aggiungendo artificialmente pixel in base a un calcolo. Per farla semplice, a due pixel vicini, ne aggiunge altri in mezzo con tonalità intermedie.
Tuttavia ciò non migliora la qualità dell’immagine che risulterà, sì, ad una risoluzione più alta, ma non più ricca di dettaglia anzi, sembrerà leggermente sfocata.
Meglio lasciare le immagini alla loro definizione massima originale. Tra parentesi, anche la riduzione dei pixel peggiora, in misura molto minore, l’immagine.
Un altro “fenomeno” interessante è che se aumento le dimensioni artificialmente e poi le riconduco alle precedenti, la foto non ritornerà nitida come l’originale. Il motivo si può facilmente dedurre.
Tali operazioni, dette di interpolazione, peggiorano sempre la qualità di un’immagine a “tono continuo.” In più tali difetti si accumulano quando l’immagine viene ingrandita e ridotta più volte.
Intelligenza artificiale e risoluzione immagine
Le cose cambiano se si usano i potenti algoritmi dell’intelligenza artificiale che non producono solo una interpolazione ma “inventano” dal nulla nuovi pixel.
Questi strumenti, che in un programma come Photoshop, sono semplici plug-in, riescono a “comprendere” l’immagine e inserire quindi pixel coerenti, non semplicemente delle “vie di mezzo”.
Per mia esperienza, i risultati non sono perfetti ma sono un netto balzo in avanti rispetto alla normale interpolazione.
Vanno usati come ultima risorsa e senza fidarsi ciecamente ma vale la pena restare sintonizzati per sviluppi in tale direzione. Ma non esiste attualmente nessuna funzione in grado di replicare una foto scattata originariamente ad alta definizione da un professionista.
La risoluzione NON è sinonimo di qualità
E se ti dicessi a questo punto che la risoluzione non è il vero problema? Ti ho fatto sprecare tempo con questa pappardella? Niente affatto, ti sto solo raccomandando di non perdere di vista il vero significato di “qualità tecnica dell’immagine”.
Vittime dei “dogmi” dei 300 dpi o dell'”alta risoluzione”, si potrebbe arrivare al punto da preferire immagini insignificanti, dai colori pessimi, dalla scarsa nitidezza a immagini nitide, dai colori equilibrati e dal grande messaggio artistico ma che non hanno la risoluzione “adatta”.
Quale scegliere? Io non avrei dubbi e opterei sicuramente per la seconda. La risoluzione è solo una delle caratteristiche dell’immagine e non una garanzia di qualità. La grafica è comunicazione, non numeri.
Questa non deve essere una scusa per usare immagini tecnicamente scadenti e d’altro canto un capolavoro potrebbe essere reso disgustoso da una risoluzione troppo bassa.
Qui casca l’asino anzi, su questo punto cadono diversi asini perché il parametro “risoluzione immagine” non è affatto sinonimo di qualità come molti pensano. Magari è una parente lontana.
Un’immagine potrebbe avere una risoluzione di 300 dpi e oltre ed essere ugualmente una pessima immagine tecnicamente e artisticamente parlando.
Potremmo avere pessime immagini stampate a risoluzione elevatissima, 300 dpi e oltre, ed altre eccezionali a una definizione più bassa.
La qualità tecnica di un’immagine non dipende dalla risoluzione ma è fondamentalmente costituita da alcuni aspetti fondamentali: nitidezza, dettagli, bilanciamento dei colori, gamma e dall’assenza di difetti quali distorsioni o rumore.
L’ossessione verso la risoluzione ha fatto perdere di vista, nei non-professionisti almeno, i veri segni di qualità tecnica di un’immagine.
In definitiva: se una foto appare con colori sballati, zone in ombra dove non si scorge alcun dettaglio oppure è sfocata, allora è tecnicamente una pessima immagine, indipendentemente dalla sua risoluzione.
Conclusioni
Ci sono immagini orribili che hanno una risoluzione perfetta… ma una foto scadente resta una foto scadente anche se “a 300 dpi”.
L’IA può aiutarci a recuperare foto di ottima qualità artistica ma che purtroppo sono disponibili a una definizione bassa.
Testo, marchi e illustrazioni dovrebbero invece andare in stampa sempre in formato vettoriale. Qui sarebbe molto evidente una risolzione bassa.
Un’immagine che sa comunicare vale molto di più e si dovrebbe tentare di usarla anche se non ha una risoluzione sufficiente. Ora potrai dare il giusto peso a questa informazione.
Condividi:
Sullo stesso argomento:
Cerca altri articoli:
© Carlo Gislon 2014 –2024. Sei libero di utilizzare questi articoli purché tu ne attribuisca la giusta paternità (Carlo Gislon) e magari inserisca il link alla sorgente corretta: www.carlogislon.it
One Comment
Comments are closed.
Complimenti, articolo molto interessante e molto ben scritto! grande Carlo