In questo articolo:

In questo articolo, un’introduzione all’arte della composizione tipografica per cominciare a produrre professionalmente un libro o una rivista o per imparare a valutarne l’aspetto grafico

Definizione di composizione tipografica

La composizione tipografica è l’arte di disporre e dare forma al testo su una pagina, il che include la scelta del carattere tipografico, la determinazione di spaziature, interlinee.

Ad un profano la cura che il compositore – grafico pone su una pagina può sembrare maniacale. Il motivo di questa perplessità è semplice: è maniacale.

La composizione tipografica ad alti livelli è paragonabile a un lavoro artistico o alla migliore opera artigianale, quale si può riscontrare in altre attività professionali come l’ebanisteria o la sartoria giusto per fare un paio di esempi.

Così come in Italia nessuno o quasi si sogna di girare la domenica vestito in maniera sciatta, allo stesso modo sarebbe auspicabile dedicare la stessa attenzione estetica per i libri e le riviste.

Purtroppo, l’originalità, che non richiede alcuno studio, ha soppiantato la bellezza, che invece ne richiede tantissimo. È accaduto in molti settori compreso quello della composizione tipografica.

A coloro che obiettano affermando che bisogna essere pratici e di sostanza, dico che se vivono in Italia dovrebbero essersi resi conto da un pezzo che ogni cosa che si ama di questo paese è collegata a qualcosa di bello, di estetico, di piacevole.

Perdonate quindi il grafico, o “compositore” come si dovrebbe dire, se aggiusta l’interlinea di un decimo di millimetro o se avvicina due singoli caratteri tra loro in un libro di trecento pagine o se prova una ventina di font prima di trovare quello giusto. Compatitelo, fondamentalmente è un malato di bellezza.

Due libri sull’arte della composizione tipografica

Jan Tschichold (19702 – 1974) è stato uno dei più grandi tipografi e designer di libri del xx secolo. Progettista di caratteri tipografici e direttore creativo di numerose edizioni di tiratura internazionale. Una sua opera, La Forma del Libro è diventato un classico internazionale della letteratura tipografica.

Come il titolo racconta, con una serie di capitoli-saggi, tratta l’aspetto esteriore del libro, dalla scelta del formato pagina a quella delle carta per la stampa. Una visione “tradizionale”, come tradizionale, o perlomeno cosciente delle tradizioni, dovrebbe essere la composizione grafica e tipografica di un libro secondo tale autore.

Dall’altro lato, Il Nuovo Manuale di Stile Zingarelli è la più esaustiva, ordinata e sistematica opera di classificazione dei criteri di redazione e di editing tipografico. Un volume pignolo che non trascura veramente nessun aspetto.

Assieme potrebbero offrire un quadro completo sull’arte della composizione tipografica, locuzione che già di per sé consente di intuire le cure raffinate e l’esperienza pratica necessarie a restituire un prodotto di alto livello.

Sono libri che consiglierei vivamente di comperare a chiunque si accinga al lavorare nella composizione tipografica o nell’editing dei testi. Questo articolo si può intendere come una sorta di recensione approfondita.

libri sulla composizione tipografica, La Forma del Libro, Il Nuovo Manuale di Stile

E l'”impaginazione”? E il “progetto grafico”?

A volte usiamo un sinonimo al posto di composizione tipografica: impaginazione (vedi:Impaginazione professionale. Segreti e subdoli trucchetti) che in realtà esprimerebbe un’azione di mero lavoro di inserimento e adattamento testi e immagini in un manoscritto (libro, catalogo, rivista…).

L’impaginazione ricalca un lavoro di typesetting già realizzato, non dovrebbe entrare in decisioni quali “qui usiamo questo carattere, qui usiamo un rientro, qui una riga vuota…”.

Ancor meno include uno studio del formato, della qualità della carta, delle tecniche di stampa o degli aspetti grafici (copertina, immagini interne…).

In questo caso entriamo nell’ambito del progetto grafico. Include la composizione tipografica e arriva a comprendere scelte che la precedono come la carta e le tecniche di stampa o che la seguono come la scelta della rilegatura o delle finiture.

In parole povere la progettazione grafica abbraccia tutte le fasi che portano alla produzione del libro finito, stampato o nella sua versione digitale. Un po’ come l’architettura si occupa dell’edificio dalle fondamenta all’arredamento.

La progettazione grafica include tutta l’arte e la tecnica per produrre il libro o la rivista finiti.

L’obiettivo della composizione tipografica

La composizione tipografica entra nel dettaglio della rappresentazione grafica cominciando dal blocco di testo nel suo insieme fino al livello della singola parola e del singolo carattere e perfino spazio bianco.

Cura aspetti quali la distanza tra lettere e caratteri, la sillabazione (gli a-capo), lo stile delle sigle, dei numeri e delle date, la scelta del carattere tipografico nelle sue varianti, le spaziature, l’interlinea, i margini.

Stabilisce come rappresentare citazioni interne, discorsi diretti, note, titoli, sottotitoli, rientri, testo introduttivo, numerazione delle pagine.

Il suo obiettivo è l’armonia visiva di un libro mentre potremmo dire che quello dell’editing è l’armonia dei contenuti. Un paragone un po’ stiracchiato, lo ammetto.

Così come un bravo oratore che scandendo in modo diverso le parole ne sottolinea le differenze di significato o inserendo le giuste pause e i giusti accenti sa trasmettere il preciso messaggio voluto, così non dobbiamo dimenticarci che la composizione tipografia, alla fine, è al servizio della comunicazione e che il “semplice decoro” non è contemplato.

La perfetta tipografia scaturisce dalla perfetta armonia di tutti i suoi elementi — Jan Tschichold, La Forma del Libro.

Il lavoro di un book designer è molto diverso da quello di un grafico. Mentre quest’ultimo è costantemente impegnato nella ricerca di nuovi mezzi espressivi, guidato quantomeno di affermare un proprio ‘stile personle’, un progettista di libri deve essere il servitore leale e sensibile della parola scritta — Jan Tschichold, La Forma del Libro.

 

esempi interno libro
Rivista Per Sapientiam ad Astra. Graphic design: Carlo Gislon

Scopo della composizione tipografica

L’abbiamo già intuito: la composizione tipografica attribuisce il giusto equilibrio grafico agli elementi della pagina di testo (singole parole, caratteri, titoli, righe e paragrafi) in modo da creare un insieme visivamente coordinato, interessante e leggibile.

La composizione tipografica cura la relazione contenuto-aspetto visivo cosicché l’insieme appaia coerente e il binomio si rafforzi vicendevolmente.

L’arte della composizione tipografica si distingue dalle altre espressioni artistiche perché la sua forza attrattiva non riguarda solo un pubblico ristretto, ma è anzi esposta al giudizio critico di chiunque, è in nessun altra situazione questo giudizio è di maggior peso — Jan Tschichold, La Forma del Libro

Armonia e bellezza sono parenti molto stretti, l’originalità non è nemmeno un conoscente ed è veramente elemento poco necessario in un libro perlomeno quando esso è destinato nelle intenzioni dell’editore a durare nel tempo.

Non vi è nulla di sbagliato nello strizzare l’occhio alle mode e ai gusti del momento o cercare di avere delle idee brillanti. Anzi, sono essenza del progresso. Ma questo si adatta soprattutto alla grafica pubblicitaria, dove la produzione è piuttosto effimera.

Nell’arte della composizione tipografica non è necessario inventare la ruota ogni volta. Il nostro cruccio costante è quello di essere “accessibili”.

L’usuale e il convenzionale non appagano più e inducono a seguire l’oscura percezione secondo la quale qualcosa di diverso potrebbe essere migliore – Jan Tschichold, La Forma del Libro

Il libro inizia dal frontespizio

Autori e a volte perfino editori, considerano alcune parti del libro accessorie e non meritevoli della massima attenzione come nel caso del frontespizio. In realtà sono importanti esattamente quanto il contenuto.

Per quanto impeccabile sia la composizione della pagina, il libro nel suo insieme risulta deludente se dal punto di vista tipografico il frontespizio è sgraziato o goffo – Jan Tschichold, La Forma del Libro

In un epoca di “meta-informazioni” il frontespizio può essere confuso con una serie di etichette identificative. Esso è invece paragonabile alla scena che si schiude dopo l’apertura del sipario, non deve tradire le attese.

È parte della narrazione tanto quanto lo è il testo principale di un capitolo e il suo design deve essere coerente e interessante. È parte architettonica del libro proprio come l’ingresso lo è di un edificio.

Non ha lo stesso ruolo della copertina che invece ha fondamentalmente due funzioni: protezione del libro e “strillo” pubblicitario.

composizione tipografica di un frontespizio per libro scolastico

L’indice –è– contenuto

Dalla scoperta della stampa c’è voluto un secolo prima che un editore, il veneziano Manuzio, dotasse il libro di indice e numerazione di pagine. Il fatto che tale accorgimento non sia mai stato abbandonato è prova più che sufficiente per dimostrare la tesi secondo cui va posta la massima cura nella sua realizzazione.

Potremmo fare un ulteriore progresso se intendessimo l’indice non solo come semplice elenco di contenuti ma, dal punto di vista del grafico o dell’autore, quasi una lista di verifica per l’organizzazione del libro.

Se leggiamo un indice e non cogliamo cenni alla logica, alla struttura o vediamo che scorrendolo l’interesse per i contenuti non cresce o addirittura si smorza, quell’indice o il contenuto che rappresenta dovrebbe essere corretti.

Un indice ci offre con immediatezza un elenco dei contenuti ed è molto più facile in questo modo farne una rapida valutazione. Come già accennato, un titolo non è un’etichetta, è piuttosto qualcosa di simile alla headline di un annuncio pubblicitario.

Due sono i motivi di un indice che “non funziona”: l’indice stesso non mostra adeguatamente i contenuti oppure i contenuti non sono ben strutturati.

La compilazione automatica dell’Indice che programmi come Indesign o Word ci consegnano è un ottimo strumento per valutare la giusta coerenza tra testo e titoli.

In tal senso l’indice è per il grafico e l’autore una guida perfino alla qualità dei contenuti stessi.

composizione tipografica dell'indice, un esempio. Carlo Gislon graphic designer
Indice di un libro
Indice di catalogo
Tre modi ben diversi di rappresentare un indice. Graphic design Carlo Gislon

Composizione tipografica ed editing

Editing, in editoria, cura redazionale di un testo per la pubblicazione, cioè lettura attenta intesa a verificare la correttezza di ortografia, grammatica, sintassi, l’organizzazione strutturale del testo e la sua coerenza interna, l’adeguatezza dello stile, l’esattezza e la rispondenza alla realtà delle asserzioni scientifiche, storiche, ecc. — Treccani.it

Potremmo metterla così: mentre l’editing lavora sui contenuti, la composizione grafica lavora sulla forma per esprimerli. Penso sia il modo migliore per esprimere la relazione reciproca.

Corsivo, grassetto, rientri, corpo del carattere… sono tutti elementi della forma aventi l’unico scopo di trasmettere nel modo migliore il pensiero dell’autore.

È naturale quindi che editing e composizione tipografica vadano a braccetto e siano due attività che si sovrappongano. Se, ad esempio, l’editore o l’autore decidono di aggiungere un sottotitolo o un titolo di paragrafo o una nota, il grafico in fase di composizione tipogafica dovrà rappresentarla in modo coerente.

Il lavoro di editing è il riferimento della composizione tipografica, nelle loro figure professionali è naturale quindi che si debba instaurare collaborazione e intesa.

Idealmente editor o editore dovrebbero compilare un manuale di stile che definisce e unifica le linee guida per rappresentare le differenti parti del testo.

Un progettista di libri deve essere il servitore leale e sensibile della parola scritta — Jan Tschichold, La Forma del Libro

Standard di stile tipografico

La composizione tipografica dovrebbe arrivare a definire gli standard comunemente accettati e quelli specifici del preciso editore. Editore e compositore (grafico) dovrebbero lavorare assieme per creare un stile personale e facilmente replicabile e interpretabile.

Le scelte più formali, come per esempio il carattere scelto o la presenza di accorgimenti grafici, andranno a definire, assieme agli elementi grafici, il brand (immagine) editoriale, quelle più specifiche lo stile di una collana o del libro (o riviste).

Detto questo, le scelte di composizione tipografica rientrano quasi completamente in standard internazionali e non lasciano molto spazio alla creatività.

Insegnare in questo articolo quali sono questi criteri sarebbe ridicolo. Il libro di JT ne da alcune indicazioni abbastanza precise. Linee guida internazionalmente o nazionalmente riconosciute sulle quali è opportuno attenersi possono essere trovate in un’opera molto esaustiva: Manuale di Stile di Roberto Lesina, ed. Zingarelli.

Quel che posso sottolineare, come testimonianza della mia esperienza di graphic designer – compositore grafico, è sottolineare due aspetti, sviluppati nei volumi citati: la coerenza e il non prevaricare la comprensione del lettore esagerando nell’evidenziare parole o parti del discorso.

È il senso dell’opera che deve di per sé far capire sfumature e accenti, non i grassetti, i corsivi o le virgolette e una guida non deve essere così rigida da sostituire la partecipazione del lettore.

pagine interne libro che riflettono alcuni criteri di stile tipografico

Pagine interne libro. Composizione tipografica: Carlo Gislon

Corsivo e virgolette? Quanto basta

La priorità di talune parti del discorso si deve dunque evincere dalla struttura del manoscritto, dalla presenta di titoli, sottotitoli, ordine, metodo di narrazione, significati.

Virgolette e corsivi sono due strumenti della composizione tipografica che devono essere usati ma usati con parsimonia.

L’uso enfatico del corsivo deve comunque essere il più possibile limitato: Il rilievo dei termini e dei concetti deve essere ottenuto essenzialmente per mezzo di un’efficace strutturazione del discorso e delle frasi – Roberto Lesina, Il Nuovo Manuale di Stile

Un uso praticamente obbligato del corsivo è nelle opere citate o nei termini in lingua straniera dove vi è una necessità tecnica di segnalazione.

E le virgolette. Qual è il loro giusto utilizzo? Anche qui sarebbe inutile re-inventare la ruota, entrambe le opere citate spiegano molto bene come si usano le virgolette ed entrambe sono d’accordo nel sintetizzare tutto in questa regola:

Corsivi e virgolette servono entrambi a evidenziare parti del testo. Se il primo lo fa con l’intento di distinguere le parole dal resto, le seconde lo fanno nei confronti del loro significato corrente.

Mentre il corsivo evidenzia la presenza di una parola (occhio lettore sei sbattuto su una parola particolare!), le virgolette ne evidenziano il significato (occhio, qui la cosa va interpretata!).

Maledetti bastardi!

In tedesco la riga isolata a inizio pagina si chiama “bastardo”. È un insulto all’armonia della pagina e sta alla composizione grafica come un muretto di cemento in mezzo al sentiero di montagna.

Non c’è un manuale di composizione tipografica in cui non s’insegni che l’ultima riga di un paragrafo non deve mai capitare all’inizio di una nuova pagina — Jan Tschichold, La Forma del Libro

Il modo e la cura con cui essi vengono evitati è una caratteristica molto discriminante tra il bravo e il cattivo compositore tipografico (o grafico). Qual è il modo giusto di farlo?

In sintesi il modo giusto è quello di recuperare una riga nelle pagine precedenti o di allungare il testo di una riga (mandarlo a capo). Si può fare in vari modi:

  • Adattando le dimensioni delle immagini che precedono il bastardo. Ottimo nelle riviste dove si usa giocare anche con gli spazi dedicati alle didascalie. Nei saggi o nei romanzi però le immagini di solito sono molto poche.
  • Avvicinando o allontanando i singoli caratteri del testo che precede. Ottima soluzione, senza eccedere, l’avvicinamento non deve essere percepibile.
  • Stringendo o allargare leggermente i caratteri che precedono. Come sopra, solo lo strettissimo necessario, parliamo di un 0,5 – 1% al massimo.
  • Agendo sulle note a piè pagina allo stesso modo, nelle pagine che precedono. Nelle note si può osare un po’ di più con tali furbizie.

I modi sbagliati? Modificare l’interlinea, eccedere col restringimento o avvicinamento dei caratteri, apportare di propria iniziativa correzioni al testo (questo sarebbe un crimine nei confronti dell’autore).

Eventualmente, solo come risorsa finale, si può informare l’autore che può provvedere –egli stesso– a una leggera modifica del testo.

Un tocco di grande qualità, un accorgimento che si usa di più nelle riviste, è quello di cercare di far combaciare il titolo di un paragrafo con l’inizio di una colonna. È ovvio che si può fare solo ogni tanto, ma è una vera chicca, un regalino del compositore grafico all’editore, un tocco di maestria.

I grafici più attenti eliminano anche le righe isolate a fine pagina e quelli più precisi ancora le lettere isolate a fine paragrafo.

Vedove/orfane evidenziate nelle pagine di una rivista

Vedove e orfane eliminate, un titolo di paragrafo fatto coincidere con inizio colonna

Recuperare le tradizioni

La produzione di massa a basso costo di libri e riviste è ciò che ha fatto sparire alcune finezze di progettazione grafica e tipografica. Varrebbe la pena valutare un loro recupero. Eccone elencate alcune.

Carta non sbiancata. Questa carta non è perfettamente bianca, ha un leggerissimo tono giallino che rende più gradevole il libro e la lettura.

Sguardie colorate. Le pagine che tengono incollato il corpo libro alla copertina possono essere colorate e decorate.

Tagli colorati. Il taglio del libro sono le tre superfici sulle quali si effettua il taglio di rifitura: opposto al dorso, superiore e inferiore.

Colorare i tagli è un’operazione che risale alla nascita del libro ed ha due funzioni ugualmente importanti: decorativa e di protezione.

Nastro segnapagina. Disponibile in vari colori, è in genere molto apprezzato e presente nei libri di maggior pregio.

colorare il taglio del libro ha funzione decorativa e protettiva

Taglio colorato. Fonte immagine: Imagspa.it

Conclusione

Non credo si dovrebbe essere schiavi delle tradizioni ma come un detto molto famoso in ambito artistico recita: «impara le regole così bene da poterle violare».

Queste sono le regole, avvicinarsi con umiltà e un pochino di deferenza (senza esagerare) crea basi solide da cui decollare verso un’originalità e creatività al servizio non di sé stessa ma della comunicazione.

Una creatività e una originalità che non introdurranno confusione e “svolazzi” ma comunicazione di altissimo livello.

Composizione tipografica “for smarties”

In questo articolo, un’introduzione all’arte della composizione tipografica per cominciare a produrre professionalmente un libro o una rivista o per imparare a valutarne l’aspetto grafico

Definizione di composizione tipografica

La composizione tipografica è l’arte di disporre e dare forma al testo su una pagina, il che include la scelta del carattere tipografico, la determinazione di spaziature, interlinee.

Ad un profano la cura che il compositore – grafico pone su una pagina può sembrare maniacale. Il motivo di questa perplessità è semplice: è maniacale.

La composizione tipografica ad alti livelli è paragonabile a un lavoro artistico o alla migliore opera artigianale, quale si può riscontrare in altre attività professionali come l’ebanisteria o la sartoria giusto per fare un paio di esempi.

Così come in Italia nessuno o quasi si sogna di girare la domenica vestito in maniera sciatta, allo stesso modo sarebbe auspicabile dedicare la stessa attenzione estetica per i libri e le riviste.

Purtroppo, l’originalità, che non richiede alcuno studio, ha soppiantato la bellezza, che invece ne richiede tantissimo. È accaduto in molti settori compreso quello della composizione tipografica.

A coloro che obiettano affermando che bisogna essere pratici e di sostanza, dico che se vivono in Italia dovrebbero essersi resi conto da un pezzo che ogni cosa che si ama di questo paese è collegata a qualcosa di bello, di estetico, di piacevole.

Perdonate quindi il grafico, o “compositore” come si dovrebbe dire, se aggiusta l’interlinea di un decimo di millimetro o se avvicina due singoli caratteri tra loro in un libro di trecento pagine o se prova una ventina di font prima di trovare quello giusto. Compatitelo, fondamentalmente è un malato di bellezza.

Due libri sull’arte della composizione tipografica

Jan Tschichold (19702 – 1974) è stato uno dei più grandi tipografi e designer di libri del xx secolo. Progettista di caratteri tipografici e direttore creativo di numerose edizioni di tiratura internazionale. Una sua opera, La Forma del Libro è diventato un classico internazionale della letteratura tipografica.

Come il titolo racconta, con una serie di capitoli-saggi, tratta l’aspetto esteriore del libro, dalla scelta del formato pagina a quella delle carta per la stampa. Una visione “tradizionale”, come tradizionale, o perlomeno cosciente delle tradizioni, dovrebbe essere la composizione grafica e tipografica di un libro secondo tale autore.

Dall’altro lato, Il Nuovo Manuale di Stile Zingarelli è la più esaustiva, ordinata e sistematica opera di classificazione dei criteri di redazione e di editing tipografico. Un volume pignolo che non trascura veramente nessun aspetto.

Assieme potrebbero offrire un quadro completo sull’arte della composizione tipografica, locuzione che già di per sé consente di intuire le cure raffinate e l’esperienza pratica necessarie a restituire un prodotto di alto livello.

Sono libri che consiglierei vivamente di comperare a chiunque si accinga al lavorare nella composizione tipografica o nell’editing dei testi. Questo articolo si può intendere come una sorta di recensione approfondita.

libri sulla composizione tipografica, La Forma del Libro, Il Nuovo Manuale di Stile

E l'”impaginazione”? E il “progetto grafico”?

A volte usiamo un sinonimo al posto di composizione tipografica: impaginazione (vedi:Impaginazione professionale. Segreti e subdoli trucchetti) che in realtà esprimerebbe un’azione di mero lavoro di inserimento e adattamento testi e immagini in un manoscritto (libro, catalogo, rivista…).

L’impaginazione ricalca un lavoro di typesetting già realizzato, non dovrebbe entrare in decisioni quali “qui usiamo questo carattere, qui usiamo un rientro, qui una riga vuota…”.

Ancor meno include uno studio del formato, della qualità della carta, delle tecniche di stampa o degli aspetti grafici (copertina, immagini interne…).

In questo caso entriamo nell’ambito del progetto grafico. Include la composizione tipografica e arriva a comprendere scelte che la precedono come la carta e le tecniche di stampa o che la seguono come la scelta della rilegatura o delle finiture.

In parole povere la progettazione grafica abbraccia tutte le fasi che portano alla produzione del libro finito, stampato o nella sua versione digitale. Un po’ come l’architettura si occupa dell’edificio dalle fondamenta all’arredamento.

La progettazione grafica include tutta l’arte e la tecnica per produrre il libro o la rivista finiti.

L’obiettivo della composizione tipografica

La composizione tipografica entra nel dettaglio della rappresentazione grafica cominciando dal blocco di testo nel suo insieme fino al livello della singola parola e del singolo carattere e perfino spazio bianco.

Cura aspetti quali la distanza tra lettere e caratteri, la sillabazione (gli a-capo), lo stile delle sigle, dei numeri e delle date, la scelta del carattere tipografico nelle sue varianti, le spaziature, l’interlinea, i margini.

Stabilisce come rappresentare citazioni interne, discorsi diretti, note, titoli, sottotitoli, rientri, testo introduttivo, numerazione delle pagine.

Il suo obiettivo è l’armonia visiva di un libro mentre potremmo dire che quello dell’editing è l’armonia dei contenuti. Un paragone un po’ stiracchiato, lo ammetto.

Così come un bravo oratore che scandendo in modo diverso le parole ne sottolinea le differenze di significato o inserendo le giuste pause e i giusti accenti sa trasmettere il preciso messaggio voluto, così non dobbiamo dimenticarci che la composizione tipografia, alla fine, è al servizio della comunicazione e che il “semplice decoro” non è contemplato.

La perfetta tipografia scaturisce dalla perfetta armonia di tutti i suoi elementi — Jan Tschichold, La Forma del Libro.

Il lavoro di un book designer è molto diverso da quello di un grafico. Mentre quest’ultimo è costantemente impegnato nella ricerca di nuovi mezzi espressivi, guidato quantomeno di affermare un proprio ‘stile personle’, un progettista di libri deve essere il servitore leale e sensibile della parola scritta — Jan Tschichold, La Forma del Libro.

 

esempi interno libro
Rivista Per Sapientiam ad Astra. Graphic design: Carlo Gislon

Scopo della composizione tipografica

L’abbiamo già intuito: la composizione tipografica attribuisce il giusto equilibrio grafico agli elementi della pagina di testo (singole parole, caratteri, titoli, righe e paragrafi) in modo da creare un insieme visivamente coordinato, interessante e leggibile.

La composizione tipografica cura la relazione contenuto-aspetto visivo cosicché l’insieme appaia coerente e il binomio si rafforzi vicendevolmente.

L’arte della composizione tipografica si distingue dalle altre espressioni artistiche perché la sua forza attrattiva non riguarda solo un pubblico ristretto, ma è anzi esposta al giudizio critico di chiunque, è in nessun altra situazione questo giudizio è di maggior peso — Jan Tschichold, La Forma del Libro

Armonia e bellezza sono parenti molto stretti, l’originalità non è nemmeno un conoscente ed è veramente elemento poco necessario in un libro perlomeno quando esso è destinato nelle intenzioni dell’editore a durare nel tempo.

Non vi è nulla di sbagliato nello strizzare l’occhio alle mode e ai gusti del momento o cercare di avere delle idee brillanti. Anzi, sono essenza del progresso. Ma questo si adatta soprattutto alla grafica pubblicitaria, dove la produzione è piuttosto effimera.

Nell’arte della composizione tipografica non è necessario inventare la ruota ogni volta. Il nostro cruccio costante è quello di essere “accessibili”.

L’usuale e il convenzionale non appagano più e inducono a seguire l’oscura percezione secondo la quale qualcosa di diverso potrebbe essere migliore – Jan Tschichold, La Forma del Libro

Il libro inizia dal frontespizio

Autori e a volte perfino editori, considerano alcune parti del libro accessorie e non meritevoli della massima attenzione come nel caso del frontespizio. In realtà sono importanti esattamente quanto il contenuto.

Per quanto impeccabile sia la composizione della pagina, il libro nel suo insieme risulta deludente se dal punto di vista tipografico il frontespizio è sgraziato o goffo – Jan Tschichold, La Forma del Libro

In un epoca di “meta-informazioni” il frontespizio può essere confuso con una serie di etichette identificative. Esso è invece paragonabile alla scena che si schiude dopo l’apertura del sipario, non deve tradire le attese.

È parte della narrazione tanto quanto lo è il testo principale di un capitolo e il suo design deve essere coerente e interessante. È parte architettonica del libro proprio come l’ingresso lo è di un edificio.

Non ha lo stesso ruolo della copertina che invece ha fondamentalmente due funzioni: protezione del libro e “strillo” pubblicitario.

composizione tipografica di un frontespizio per libro scolastico

L’indice –è– contenuto

Dalla scoperta della stampa c’è voluto un secolo prima che un editore, il veneziano Manuzio, dotasse il libro di indice e numerazione di pagine. Il fatto che tale accorgimento non sia mai stato abbandonato è prova più che sufficiente per dimostrare la tesi secondo cui va posta la massima cura nella sua realizzazione.

Potremmo fare un ulteriore progresso se intendessimo l’indice non solo come semplice elenco di contenuti ma, dal punto di vista del grafico o dell’autore, quasi una lista di verifica per l’organizzazione del libro.

Se leggiamo un indice e non cogliamo cenni alla logica, alla struttura o vediamo che scorrendolo l’interesse per i contenuti non cresce o addirittura si smorza, quell’indice o il contenuto che rappresenta dovrebbe essere corretti.

Un indice ci offre con immediatezza un elenco dei contenuti ed è molto più facile in questo modo farne una rapida valutazione. Come già accennato, un titolo non è un’etichetta, è piuttosto qualcosa di simile alla headline di un annuncio pubblicitario.

Due sono i motivi di un indice che “non funziona”: l’indice stesso non mostra adeguatamente i contenuti oppure i contenuti non sono ben strutturati.

La compilazione automatica dell’Indice che programmi come Indesign o Word ci consegnano è un ottimo strumento per valutare la giusta coerenza tra testo e titoli.

In tal senso l’indice è per il grafico e l’autore una guida perfino alla qualità dei contenuti stessi.

composizione tipografica dell'indice, un esempio. Carlo Gislon graphic designer
Indice di un libro
Indice di catalogo
Tre modi ben diversi di rappresentare un indice. Graphic design Carlo Gislon

Composizione tipografica ed editing

Editing, in editoria, cura redazionale di un testo per la pubblicazione, cioè lettura attenta intesa a verificare la correttezza di ortografia, grammatica, sintassi, l’organizzazione strutturale del testo e la sua coerenza interna, l’adeguatezza dello stile, l’esattezza e la rispondenza alla realtà delle asserzioni scientifiche, storiche, ecc. — Treccani.it

Potremmo metterla così: mentre l’editing lavora sui contenuti, la composizione grafica lavora sulla forma per esprimerli. Penso sia il modo migliore per esprimere la relazione reciproca.

Corsivo, grassetto, rientri, corpo del carattere… sono tutti elementi della forma aventi l’unico scopo di trasmettere nel modo migliore il pensiero dell’autore.

È naturale quindi che editing e composizione tipografica vadano a braccetto e siano due attività che si sovrappongano. Se, ad esempio, l’editore o l’autore decidono di aggiungere un sottotitolo o un titolo di paragrafo o una nota, il grafico in fase di composizione tipogafica dovrà rappresentarla in modo coerente.

Il lavoro di editing è il riferimento della composizione tipografica, nelle loro figure professionali è naturale quindi che si debba instaurare collaborazione e intesa.

Idealmente editor o editore dovrebbero compilare un manuale di stile che definisce e unifica le linee guida per rappresentare le differenti parti del testo.

Un progettista di libri deve essere il servitore leale e sensibile della parola scritta — Jan Tschichold, La Forma del Libro

Standard di stile tipografico

La composizione tipografica dovrebbe arrivare a definire gli standard comunemente accettati e quelli specifici del preciso editore. Editore e compositore (grafico) dovrebbero lavorare assieme per creare un stile personale e facilmente replicabile e interpretabile.

Le scelte più formali, come per esempio il carattere scelto o la presenza di accorgimenti grafici, andranno a definire, assieme agli elementi grafici, il brand (immagine) editoriale, quelle più specifiche lo stile di una collana o del libro (o riviste).

Detto questo, le scelte di composizione tipografica rientrano quasi completamente in standard internazionali e non lasciano molto spazio alla creatività.

Insegnare in questo articolo quali sono questi criteri sarebbe ridicolo. Il libro di JT ne da alcune indicazioni abbastanza precise. Linee guida internazionalmente o nazionalmente riconosciute sulle quali è opportuno attenersi possono essere trovate in un’opera molto esaustiva: Manuale di Stile di Roberto Lesina, ed. Zingarelli.

Quel che posso sottolineare, come testimonianza della mia esperienza di graphic designer – compositore grafico, è sottolineare due aspetti, sviluppati nei volumi citati: la coerenza e il non prevaricare la comprensione del lettore esagerando nell’evidenziare parole o parti del discorso.

È il senso dell’opera che deve di per sé far capire sfumature e accenti, non i grassetti, i corsivi o le virgolette e una guida non deve essere così rigida da sostituire la partecipazione del lettore.

pagine interne libro che riflettono alcuni criteri di stile tipografico

Pagine interne libro. Composizione tipografica: Carlo Gislon

Corsivo e virgolette? Quanto basta

La priorità di talune parti del discorso si deve dunque evincere dalla struttura del manoscritto, dalla presenta di titoli, sottotitoli, ordine, metodo di narrazione, significati.

Virgolette e corsivi sono due strumenti della composizione tipografica che devono essere usati ma usati con parsimonia.

L’uso enfatico del corsivo deve comunque essere il più possibile limitato: Il rilievo dei termini e dei concetti deve essere ottenuto essenzialmente per mezzo di un’efficace strutturazione del discorso e delle frasi – Roberto Lesina, Il Nuovo Manuale di Stile

Un uso praticamente obbligato del corsivo è nelle opere citate o nei termini in lingua straniera dove vi è una necessità tecnica di segnalazione.

E le virgolette. Qual è il loro giusto utilizzo? Anche qui sarebbe inutile re-inventare la ruota, entrambe le opere citate spiegano molto bene come si usano le virgolette ed entrambe sono d’accordo nel sintetizzare tutto in questa regola:

Corsivi e virgolette servono entrambi a evidenziare parti del testo. Se il primo lo fa con l’intento di distinguere le parole dal resto, le seconde lo fanno nei confronti del loro significato corrente.

Mentre il corsivo evidenzia la presenza di una parola (occhio lettore sei sbattuto su una parola particolare!), le virgolette ne evidenziano il significato (occhio, qui la cosa va interpretata!).

Maledetti bastardi!

In tedesco la riga isolata a inizio pagina si chiama “bastardo”. È un insulto all’armonia della pagina e sta alla composizione grafica come un muretto di cemento in mezzo al sentiero di montagna.

Non c’è un manuale di composizione tipografica in cui non s’insegni che l’ultima riga di un paragrafo non deve mai capitare all’inizio di una nuova pagina — Jan Tschichold, La Forma del Libro

Il modo e la cura con cui essi vengono evitati è una caratteristica molto discriminante tra il bravo e il cattivo compositore tipografico (o grafico). Qual è il modo giusto di farlo?

In sintesi il modo giusto è quello di recuperare una riga nelle pagine precedenti o di allungare il testo di una riga (mandarlo a capo). Si può fare in vari modi:

  • Adattando le dimensioni delle immagini che precedono il bastardo. Ottimo nelle riviste dove si usa giocare anche con gli spazi dedicati alle didascalie. Nei saggi o nei romanzi però le immagini di solito sono molto poche.
  • Avvicinando o allontanando i singoli caratteri del testo che precede. Ottima soluzione, senza eccedere, l’avvicinamento non deve essere percepibile.
  • Stringendo o allargare leggermente i caratteri che precedono. Come sopra, solo lo strettissimo necessario, parliamo di un 0,5 – 1% al massimo.
  • Agendo sulle note a piè pagina allo stesso modo, nelle pagine che precedono. Nelle note si può osare un po’ di più con tali furbizie.

I modi sbagliati? Modificare l’interlinea, eccedere col restringimento o avvicinamento dei caratteri, apportare di propria iniziativa correzioni al testo (questo sarebbe un crimine nei confronti dell’autore).

Eventualmente, solo come risorsa finale, si può informare l’autore che può provvedere –egli stesso– a una leggera modifica del testo.

Un tocco di grande qualità, un accorgimento che si usa di più nelle riviste, è quello di cercare di far combaciare il titolo di un paragrafo con l’inizio di una colonna. È ovvio che si può fare solo ogni tanto, ma è una vera chicca, un regalino del compositore grafico all’editore, un tocco di maestria.

I grafici più attenti eliminano anche le righe isolate a fine pagina e quelli più precisi ancora le lettere isolate a fine paragrafo.

Vedove/orfane evidenziate nelle pagine di una rivista

Vedove e orfane eliminate, un titolo di paragrafo fatto coincidere con inizio colonna

Recuperare le tradizioni

La produzione di massa a basso costo di libri e riviste è ciò che ha fatto sparire alcune finezze di progettazione grafica e tipografica. Varrebbe la pena valutare un loro recupero. Eccone elencate alcune.

Carta non sbiancata. Questa carta non è perfettamente bianca, ha un leggerissimo tono giallino che rende più gradevole il libro e la lettura.

Sguardie colorate. Le pagine che tengono incollato il corpo libro alla copertina possono essere colorate e decorate.

Tagli colorati. Il taglio del libro sono le tre superfici sulle quali si effettua il taglio di rifitura: opposto al dorso, superiore e inferiore.

Colorare i tagli è un’operazione che risale alla nascita del libro ed ha due funzioni ugualmente importanti: decorativa e di protezione.

Nastro segnapagina. Disponibile in vari colori, è in genere molto apprezzato e presente nei libri di maggior pregio.

colorare il taglio del libro ha funzione decorativa e protettiva

Taglio colorato. Fonte immagine: Imagspa.it

Conclusione

Non credo si dovrebbe essere schiavi delle tradizioni ma come un detto molto famoso in ambito artistico recita: «impara le regole così bene da poterle violare».

Queste sono le regole, avvicinarsi con umiltà e un pochino di deferenza (senza esagerare) crea basi solide da cui decollare verso un’originalità e creatività al servizio non di sé stessa ma della comunicazione.

Una creatività e una originalità che non introdurranno confusione e “svolazzi” ma comunicazione di altissimo livello.

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