Carlo Gislon |

27 Ottobre 2022

Impariamo a impaginare da professionisti.
Segreti di bottega

Esiste l'impaginazione ed esiste una specie un po' diversa: l'impaginazione professionale. Un termine che ho dovuto coniare per l'enorme diffondersi di servizi di impaginazione imprecisi, superficiali, carenti di stile, ordine e chiarezza. In questo articolo andremo a definire habitat e comportamenti di questa "specie"

L’autore

grafico Carlo GislonCarlo Gislon – graphic designer è attivo da trent’anni nella grafica editoriale e pubblicitaria. Nel suo blog Segnopositivo propone suggerimenti, esperienze e opinioni tramite articoli originali, esaustivi, frutto di ricerca, studio e passione

Impaginare sembra facile…

L’impaginazione “pura e semplice” è in sostanza questo: adattamento di contenuti testuali e grafici secondo un progetto grafico pre-esistente; applicazione di criteri tipografici prestabiliti; gestione degli spazi e preparazione del file per la stampa e il supporto digitale.

Scopo del lavoro di impaginazione non è semplicemente “inserire contenuti” ma quello di mettere in pratica, interpretare, adattare le intenzioni del progetto grafico e risolverne gli intoppi verso l’attuazione.

Almeno nei progetti più importanti e complessi, l’impaginazione ricalca un progetto grafico, segue la guida di un timone e si sviluppa attraverso dei menabò, oggigiorno sostituiti da bozze elettroniche a volte stampate.

Timone e menabò sono due termini tecnici, storici in un certo senso, che indicano rispettivamente uno schema generico dei contenuti e una bozza generale.

In linea teorica, il grafico impaginatore, seguendo scrupolosamente il timone, compone i contenuti forniti (testi e immagini) applicando i criteri di stile del progetto grafico generale espresso e produce uno o più menabò o bozze.

Egli costruisce il file definitivo per la stampa un po’ come fa un muratore per costruire una casa seguendo il progetto del geometra. L’obiettivo è di solito un file Pdf pronto da stampare o da pubblicare digitalmente.

un semplice timone per l'impaginazione di un profilo aziendale
Un timone, per quanto semplice, è sempre un grosso aiuto. È qui che si inizia a portare ordine e chiarezza ed è tanto più importante quanto più è complesso l’impaginato. È ancor più importante quando si lavora in un team numeroso perché contribuisce a coordinare l’intero gruppo

Può sembrare semplice ma non lo è: il testo fornito a volte supera lo spazio disponibile, altre volte è poco, l’immagine prevista non viene fornita oppure è scadente, i file non si aprono, i testi contengono errori ricorrenti, non è chiaro se una frase è un paragrafo normale, un titolo, un sottotitolo.

A volte vengono richieste modifiche che costringono a rivedere il lavoro completamente o a fare ricerche complesse nel testo, in altri casi viene decisa una modifica nel formato generale, nei margini, nella sequenza dei contenuti ecc.

Essenzialmente questo articolo si propone di suggerire il modo migliore per appianare o per evitare molti di questi problemi, secondo la mia esperienza diretta e secondo i migliori insegnamenti “ufficiali”.

impaginazione prpofessionale profilo aziendale
Impaginazione profilo aziendale per Aurora Costruzioni. Graphic design studio Gislon. Non è un lavoro complicato ma ci vuole accortezza nella disposizione delle colonne e nel rispettare gli spazi bianchi stabiliti
Esempio di impaginato

Impaginazione rivista Europa Uomo. Per mantenersi fedeli al progetto originale, ho lasciato le colonne giustificate. Si notano però gli ampi spazi tra le parole. Per regolare l’ingombro sono stati sfruttati, essenzialmente, l’immagine e lo spazio dopo la foto dell’autore. Non si tocca mai la dimensione del carattere e dell’interlinea che devono restare costanti in tutti gli articoli. Graphic design Carlo Gislon

Prima dell’impaginazione: il progetto grafico

In mancanza di un progetto grafico su cui basarsi, l’impaginatore deve perlomeno figurarsi uno stile generale, un’intenzione complessiva, degli elementi coordinati.

Si era già capito: l’impaginazione professionale non esiste se manca a priori un progetto grafico. Molti problemi di impaginazione hanno origine nella mancanza di un buon design grafico iniziale.

Per usare sempre la stessa metafora, è come un muratore che cerca di costruire una casa senza avere a disposizione alcun progetto.

Il progetto grafico potrebbe essere rappresentato dal file di un libro o di una rivista (il numero precedente o il libro della stessa collana) usati come modello, dove troviamo già definiti, ovviamente, dimensione pagina, finestre di testo, i caratteri e i loro stili, le pagine principali con le loro testatine e i numeri di pagina, elementi grafici ricorrenti e colori.

Potrebbe trattarsi anche di un riferimento solo visivo, un libro o una rivista dello stesso editore che dovrà essere tradotto in un file di Indesign o altro programma.

Scopo del lavoro di impaginazione, come ho scritto sopra, non è solo “inserire contenuti” ma mettere in pratica, interpretare, adattare le intenzioni del progetto grafico e risolverne gli intoppi verso l’attuazione.

Il lavoro del team

Soprattutto in ambito editoriale, l’impaginazione professionale è un lavoro ben coordinato. Non solo la precisione del grafico impaginatore ma anche l’organizzazione del lavoro gioca un ruolo almeno tanto importante.

La ragione è che dietro la produzione di un libro o di una rivista ma anche di alcuni progetti grafici pubblicitari, come i cataloghi, ci sono diverse persone coinvolte.

Quando più persone devono mettere le mani sullo stesso lavoro, è importante che le correzioni e le osservazioni dei vari attori non si accavallino, non si disturbino a vicenda e non siano fraintese.

Purtroppo l’uso, almeno qui in Italia, non è molto diffuso ma sarebbe opportuno usare un software “ponte” come Incopy che permette a tutti gli attori coinvolti di lavorare su un unico file senza il bisogno di passarsi le correzioni.

Hai letto bene: non sarebbe affatto necessario passare il Pdf con le correzioni o addirittura la bozza stampata all’impaginatore, potrebbero essere fatte direttamente sul file stesso di lavoro!

In pratica ognuno appone le sue correzioni e le sue annotazioni direttamente al documento, senza doverle “passare” al grafico e ciò include il file singolo del libro o i tanti file che compongono gli articoli della rivista che possono essere collegati.

Il software Incopy non permetterebbe a più persone di apporre contemporaneamente le correzioni o effettuare modifiche ma rende disponibile il contenuto una volta che il lavoro è finito.

Ma tra il dire il fare c’è di mezzo il mare, un mare di ignoranza più che altro poiché tale software è disponibile a chiunque possieda una licenza Indesign o può essere acquistato singolarmente a costi abbordabili.

Un messaggio rivolto soprattutto agli editori: implementate questo flusso di lavoro e otterrete lavori più precisi, a minor costo e personale più felice!

Gestione del carattere tipografico

L’impaginazione professionale deve essere consapevole della logica alle spalle di scelte tipografiche come quella della determinazione dei caratteri.

Capita abbastanza spesso, ad esempio, che in fase di impaginazione si debbano caricare nuovi font (file del carattere) per avere un set più completo.

Alcuni caratteri mancano addirittura di un vero corsivo (che non è semplicemente il carattere normale inclinato). L’impaginatore deve trovarlo e installarlo e magari sostituire il set di caratteri già in suo possesso con uno più completo.

Modifiche nei contenuti, dettate dall’editore o dal graphic designer, potrebbero imporre l’uso di un carattere un po’ diverso o di uno stile di carattere diverso.

Gestire il carattere tipografico significa anche capire che grassetti e corsivi non sono semplicemente versioni “grosse e inclinate” dello stesso carattere, significa che devi trovare il preciso font non un surrogato, significa privilegiare font il più completi possibili, magari i famosi Open Type.

Significa restare aggiornati sui formati, significa comprendere i significato di carattere, di font, di famiglia di caratteri, di kerning, di tracking di maiuscoletto.

Significa anche saperli gestire, sinignifica NON usare font senza possederne i diritti (cosa veramente inutile se usi la Adobe Suite o Google Font.

Tutte robe da impaginatore il graphic designer, giustamente, snobba o non ne conosce nemmeno l’esistenza o è troppo impegnato per interessarsene.

Giustificazione del paragrafo

L’impaginazione deve fare attenzione agli allineamenti dei paragrafi e mantenersi coerente a uno stile o al progetto grafico quando esiste.

Rendere “giusto” un paragrafo significa adattarlo alla colonna di testo. Giustificato quando le righe coprono tutta la larghezza, a bandiera o a sinistra quando si appoggiano al margine sinistro e conservano la loro spaziatura normale.

Centrato è come… negli annunci funebri (un po’ di sarcasmo ma in realtà è un allineamento da usare in diversi casi, sopratutto nei titoli). Tutto rientra ell’arte della Composizione Tipografica.

Sillabare significa spezzare la parola aggiungendo il trattino perché vada a capo nel modo migliore secondo la lingua in uso (occhio, selezionate quella giusta!) e in modo da sfruttare al meglio lo spazio disponibile.

Era giusto chiarire alcune termini, quelli che si incontrano più spesso in questa fase. Non sembra ma il programma fa un sacco di ragionamenti per fare tutto questo e ci risparmia di una montagna di lavoro che una volta era manuale.

L’impaginatore deve rendersi conto delle problematiche relative alla giustificazione del testo. In particolare, nel caso di colonne strette, un allineamento giustificato causerà ampi spazi tra le parole che devono essere gestiti.

Indesign permette di regolare il “grado di sillabazione”, in altre parole “la frequenza degli a-capo”. Nei testi giustificati ne servono di più e possono essere un tantino fastidiosi anche se grammaticalmente corretti.

Sembra quasi sacrilego proporre al cliente un allineamento sbandierato a sinistra. Il pacchettino squadrato di testo, con le righe tutte uguali riscuote sempre tanto successo. Ma fatevi coraggio e usatelo se avete un po’ di autonomia nelle scelte di composizione tipografica.

L’allineamento a sinistra offre quindi vantaggi “tecnici” ed ha forse una maggiore personalità. È un aspetto che esula dall’impaginazione pura e semplice ma spesso l’impaginatore è autorizzato a metterci mano.

Come dicevamo, in un impaginato a colonne strette (giornale o rivista ad esempio), l’allineamento giustificato crea degli spazi molto larghi tra le parole.

Il fatto che questi a molti non diano fastidio è un mistero che la scienza ancora non ha spiegato. Quelle righe tutte forzatamente della stessa lunghezza, come un battaglione in marcia, non sono necessariamente belle e funzionali anche se sono certo molto… marziali.

In un libro, dove di solito il testo è in una colonna, possiamo invece sfruttare appieno questo tipo di giustificazione.

Quindi, ricapitolando: colonne larghe = allineamento giustificato, colonne strette = allineamento a sinistra. Questa è la regola e, naturalmente, te ne puoi infischiare se vuoi ma solo dopo averla imparata bene.

In entrambi i casi, usate la sillabazione (gli “a-capo”). Credo che a molte persone dia fastidio semplicemente perché hanno perso alcune nozioni base di grammatica, quella materia tipica da secchioni che si insegna a scuola senza apparente motivo.

Un altro prezioso consiglio, stavolta proprio da impaginatori puri: lasciate al software il compito di spezzare le parole. Mai, mai e poi mai sillabare manualmente con il semplice inserimento del trattino da tastiera. Mai.

Esistono casomai modi corretti per regolare o forzare la sillabazione a nostro piacimento, ogni software serio di elaborazione testi o di impaginazione ha il suo, come ad esempio il “trattino facoltativo” di Indesign o la regolazione della sillabazione già citata.

esempio di pagina due colonne allineamento a sinistra

Allineamento sinistro. Carattere Didot. Questo potrebbe essere considerato un “carattere impegnativo”. Occupa spazio, presenta forti contrasti, ha un forte stile e una marcata personalità. In questo impaginato serve un allineamento sinistro. Vi avverto: nove persone su dieci lo criticheranno, persistete perché anch’esse alla lunga lo apprezzeranno. (Pagina rivista – Graphic Design studio Gislon)

Gestione delle note

Le note vanno sempre inserite e gestite coi sistemi automatici previsti dal programma. Questo vale innanzitutto per chi scrive i testi ma anche per l’impaginatore quando effettua correzioni e modifiche e prepara il file.

In pratica significa che va usata la funzione “inserisci nota” a pié pagina o a fine documento. In questo modo si posizioneranno sempre nel modo corretto, la numerazione risulterà sequenziale anche in caso di aggiunte o eliminazioni.

I collegamenti ipertestuali tra rimando e nota saranno funzionanti.Quest’ultimo aspetto è vitale quando si va ad esportare in formato Epub ma anche quando si deve creare un semplice Pdf per lo schermo e torna perfino utile anche nella lavorazione in Indesign.

È infatti possibile cercare agevolmente i singoli numeri di nota e le note stesse qualora vi sia bisogno di intervenire sul loro formato, per cambiare qualche stile, per modificarne il contenuto o altro.

Word e Indesign lavorano assieme perfettamente nella gestione delle note, sia in quelle a pié pagina che a fine documento (A proposito, il miglior formato documento per l’importazione in Indesign è il Docx poiché basta su Xml proprio come su Xml è basata la gestione del documento Indesign. Anche l’Rtf offre un’ottima compatibilità).

Purtroppo molti testi giungono sul piatto del grafico con le note inserite “manualmente” a causa della scarsa dimestichezza dell’autore col programma di scritture dei testi. Cosa fare in tal caso?

Il consiglio migliore che mi sento di dare è di re-inserire le note con l’apposita funzione se si tratta di un libro. Cercare di gestirle altrimenti vi farà perdere la testa.

In una rivista o in un manuale, quando le note sono poche e di solito raccolte a fine articolo, conviene lasciarle come sono perché in tali casi le note vanno, di fatto, posizionate manualmente.

Vedove, orfane e lutti in genere

L’impaginazione professionale elimina spietatamente le righe di testo isolate a fine o inizio pagine e le parole isolate.

In attesa che il politicamente corretto riveda anche questi termini, Vedove e orfane (i vedovi e gli orfani non sono abbastanza patetici) indicano un problema quasi identico: le righe isolate a inizio o fine pagina. Queste righe solitarie sono una delle cose più brutte da vedere in un testo.

L’Oscar dell’orrido lo vince sicuramente la riga che se ne sta in cima da sola sulla pagina, la vedova, il rimasuglio del paragrafo cominciato a pagina prima. L’orfana è brutta ma… fa anche tenerezza perciò a volte si sopporta. (Io poco).

Lo sono anche, magari un po’ meno, quelle singole parole o quelle poche lettere che se ne stanno a capo da sole, chiamate di solito “righini”.

Il massimo lo si raggiunge, questo è certo, col rimando della nota che rimane da solo a inizio riga, difetto causato dal fatto che si è inserito uno spazio tra la parola e il numero di nota tramite la barra spaziatrice (gli autori fanno questo ed altro).

Ci sono vari trucchi del mestiere per risolvere questo, sempre più raffinati man mano che la propria competenza aumenta ed hanno a che vedere con minimi aggiustamenti della distanza tra le singole lettere (tracking), o con un leggerissima (mi raccomando) distorsione orizzontale del carattere.

È possibile aggiungere anche degli “spazi unificatori” o forzare la sillabazione con “trattini facoltativi”. Tutti metodi che aggiungono spazio tra i caratteri senza il pericolo che la parola venga spezzata dalla sillabazione.

Se nel testo vi sono immagini, si gioca sulle loro dimensioni o sugli spazi tra le didascalie così che il testo scorra opportunamente avvantaggiandosi della creazione di gradevoli spazi bianchi che sembreranno casuali mentre l’impaginatore professionista sa benissimo essere una subdola furbizia.

L’inserimento di citazioni e la disposizione ad arte delle didascalie sono un altro paio di trucchi da professionista. L’obiettivo non è ottenere una pagina zeppa, squadrata e soffocante. L’intento è quello di aver pieno controllo sullo scorrimento del testo, creare armonia, bellezza, rendere facile la lettura, valorizzare i contenuti.

composizione tipografica finale nell'impaginazione di una rivista
Impaginazione rivista - esempio

Le pagine affiancate di una rivista. Sopra prima della correzione di vedove/orfane e parole isolate, evidenziate in rosso. Sotto, la versione finale. Notate il titolo di paragrafo in cima colonna sinistra di pagina destra. Notate come non vi siano parole isolate a capo riga. Notate come lo spazio sotto la didascalia dia un po’ di “respiro” alla pagina e valorizzi la didascalia stessa. Graphic Design studio Gislon

La gestione dello spazio bianco

In un progetto grafico professionale lo spazio bianco non è vuoto. L’impaginazione professionale deve rispettare tale intenzione.

Gli spazi bianchi sono tanto necessari quanto gli spazi pieni. Lo “spazio bianco” è un elemento della composizione grafica. È un termine tecnico che indica uno spazio vuoto da usarsi ai fini della composizione grafica.

L’impaginatore professionista si troverà spesso a gestire tale aspetto anche se lo stile generale o perfino il progetto grafico dettagliato è dato dal progettista.

Capita che rimanga spazio disponibile, va gestito con un senso e con la coerenza già sottolineata. L’impaginatore non deve considerarlo “spazio disponibile” per immagini, testi o altro.

Lo spazio bianco disposto ad arte sulla pagina comunica ordine, gerarchia e rende più agevole e riposante la lettura. Insomma, questo “niente” fa diverse cose.

Non utilizzate rientri (il tasto “Enter”) e spazi bianchi (Barra spaziatrice) per creare distanziamenti aggiuntivi tra paragrafi e tra singole parole o singole lettere. Usare invece la gestione di “spazio prima e dopo” del paragrafo.

Anche il rientro forzato “shift+return” causa effetti indesiderati, specie nel testo giustificato, poiché si porta dietro la formattazione del paragrafo.

impaginazione professionale e gestione spazio bianco
bilanciamento delle colonne di un libro

Vi ritroverete di sicuro ad avere “spazi bianchi” indesiderati. L’impaginazione professionale li risolve nel modo migliore dando a tali spazi un senso creativo o quantomeno organizzativo o semplicemente estetico. In questo, si è optato per dare una lunghezza uguale alle colonne finali, con la nota in basse che chiude comunque la pagina. Graphic Design studio Gislon

Impostare una distanza prima e dopo nella formattazione del paragrafo offre diversi vantaggi rispetto all’uso del tasto “return”:

  • se usiamo gli stili di paragrafo (e dovremmo assolutamente) lo spazio verrà applicato automaticamente risparmiandoci tempo e dimenticanze.
  • Se il testo scorre e il nostro paragrafo si posizionerà a inizio colonna, lo spazio iniziale non verrà applicato.
  • È possibile applicare qualsiasi distanza piuttosto che semplici multipli di interlinea.
  • Se realizziamo ebook formato epub la distanza verrà rispettata.

Nell’impaginazione professionale si mettono a volte in pratica attenzioni quasi maniacali come regolare lo spazio tra le singole lettere delle parole.

Il modo corretto per creare ulteriore spazio, in questo caso, è aumentare la crenatura (termine tipografico che indica la regolazione dello spazio tra singoli caratteri) o tramite l’utilizzo di spazi unificatori (speciali spazi aggiunti tramite il software che non vengono mai spezzati).

Gabbia e impaginazione professionale

L’impaginazione professionale venera la gabbia e la usa come costante riferimento, come guida e suggerimento per la disposizione dei contenuti

La gabbia aggiunge ritmo, ordine, prevedibilità e, al contempo, ci suggerisce dove piazzare, di tanto in tanto qualche elemento di sorpresa.

Come si può “uscire dagli schemi” se in primo luogo non ci sono schemi? Senza schemi ciò che chiamiamo vivacità è semplicemente caos.

L’impaginazione professionale comprende pienamente la logica della gabbia impostata dal graphic designer. In un lavoro complesso, come una rivista ben strutturata, la gabbia non è subito evidente di primo acchito, ma c’è.

La gabbia tipografica è uno schema organizzativo, non la prigione di Alcatraz. Così chi impagina non è un “detenuto”. La gabbia impone dei limiti e allo stesso tempo ci suggerisce il modo giusto per fuggirne (e ogni tanto bisogna farlo).

Per quanto semplice, qualsiasi impaginato sottintende uno schema. È presente anche in un semplice libro a una colonna: è fatta di margini, di distanza titoli-testo principale, di aree predilette per le immagini.

In una rivista siamo quasi sempre di fronte a gabbie più complesse, fatte di colonne, multipli e divisori delle stesse e aree orizzontali. Blocchi di testo, immagini e spazio bianco si muovono come in una scacchiera in modo solo apparentemente casuale e solo apparentemente rigido.

La gabbia comanda e non solo ammette ma –richiede– qualche eccezione che vista con attenzione spesso eccezione non è. Mentre il grafico poco esperto vede imposizioni, il grafico e l’impaginatore professionista vede coerenza del messaggio e suggerimenti e coglie al volo il momento giusto per fott…, per infrangerle.

Impaginare con stile. No, con gli stili

Stai ancora formattando localmente i caratteri, intendo dire determinando di volta in volta quale carattere e quale stile (normale, corsivo…) usare? Questa è una prova inconfutabile che stai impaginando ancora da dilettante.

Scusa la franchezza ma devi fare un salto di qualità. L’uso degli stili paragrafo e degli stili carattere è un dovere professionale. L’uso degli stili nidificati altamente consigliato. Se usi anche gli stili Grep hai raggiunto l’Illuminazione!

Risparmierai tempo ed errori a profusione usando nel modo corretto gli stili. Ne vale la pensa sempre, perfino nei lavori che non comprendono molto testo.

Potrai produrre velocemente delle varianti da proporre all’autore o al cliente in genere, potrai tornare velocemente sui tuoi passi. Potrai fare ricerche e modifiche molto meticolose e non solo nei testi ma negli elementi in genere della pagina.

Usare gli stili significa poter esportare un Epub dal codice molto più pulito e poterne poi fare delle rapide modifiche (l’Epub trasforma gli stili in codice css).

Impaginazione professionale… direi, “divina”

La proporzione aurea nella grafica merita un cenno anche per l’impaginatore

La proporzione aurea è in pratica uno strumento del graphic design ed è usata nella composizione grafica per definire il formato della pagina e la gabbia. È giusto che anche il mero impaginatore ne sia consapevole.

Quando due misure sono nel rapporto 1:1,618. abbiamo quella che si definisce “proporzione aurea” o “proporzione divina”. L’origine matematica è stabilita dal fatto che un numero in una sequenza è il risultato della somma dei due precedenti.

Nella sequenza 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55… man mano che si procede, il rapporto tra gli ultimi due numeri della lista si approssima sempre più al valore 1,618. Questo rapporto viene usato a mani basse nell’arte, dalla grafica all’architettura fin dai tempi antichi e si riscontra anche in natura.

Esso sembra perciò rappresentare un sunto di “perfezione cosmica” che usato spesso nella grafica per determinare la proporzione della gabbia del testo o dell’insieme delle colonne. Giusto un esempio: in un libro potremmo avere una gabbia di testo larga 12 cm e alta 12 x 1,618 = 19,4.

È un peccato che attualmente si usino spesso formati molto più schiacciati. Non sarebbe sbagliato se non fosse frutto di ignoranza e pigrizia. Un libro tascabile, per esempio, è tale solo se ha un rapporto simile, altrimenti è solo un libro… piccolo.

La proporzione aurea è comunque uno strumento, non un vincolo. Non si –deve– rispettare la proporzione aura, si –può–. Si può usare nell’impostare le dimensioni della pagina o della gabbia di testo principale o come calcolo nella disposizione degli elementi.

Per semplificare possiamo usare il rapporto 8:13 e possiamo semplificare ancora: questo rapporto infatti è il “papà” della regola dei terzi, ovvero del rapporto 2:3. Proporzioni molto simili e molto usate in tutte le arti grafiche.

Questo spiega perché è gradevole e interessante una pagina divisa a tre colonne, con le immagini che possono occupare 1 colonna (1/3), 2 colonne (2/3) o 3 (3/3). Senza diventare schiava nemmeno di questa regola, l’impaginazione professionale ne fa comunque un uso costante e consapevole.

Come si dice? Il 3 è il numero perfetto, no? Anche questa considerazione è parente della Regola Aurea. Alla faccia di chi confonde arte con stravaganti fantasie!

Verifiche, controlli

Un dovere primario dell’impaginazione professionale è la precisione. Come evitare, controllare e rimediare agli errori?

Ti avverto, in quanto impaginatore potrai sistemare mille errori dell’autore o dell’editore ma verrai giudicato solo per quelli che commetti. È una croce che si deve portare, facciamolo con fierezza almeno.

L’impaginatore non è responsabile della correzione delle bozze ma è responsabile di inserire tutto e correttamente il contenuto fornitogli e tutte le correzioni segnate.

Se l’impaginatore ha fatto perfettamente il suo lavoro, gli unici errori presenti nei testi saranno quelli sfuggiti all’autore stesso. Qualcuno ne resta sempre anche se è già stato fatto un editing approfondito.

Ma anche in fase di impaginazione possono essere commessi errori e comunque alcuni di essi cadono, volenti o nolenti, nel piatto dell’impaginatore come, ad esempio, quando l’autore usa il trattino della tastiera per sillabare le parole o usa il tasto “return” a profusione.

Il trattino per sillabare è nella posizione perfetta, peccato che quando il testo inevitabilmente scorrerà nella gabbia, questi se ne andrà a infilarsi chissà dove.

Altri esempi di errori che giungono sul piatto del grafico impaginatore sono lo spazio normale prima dell’apice di nota o prima della punteggiatura e caratteri che non vengono riconosciuti (molto comune nelle lingue arabe od orientali).

Quando poi in corso d’opera si decide, ad esempio, di cambiare le maiuscole in minuscole o di scrivere in un certo modo gli acronimi… si aprono allora nuove possibilità di errore.

Più l’impaginatore mette mano a un lavoro, più sono gli errori che può commettere. Per questo è necessaria una certa metodicità. Accade quindi che anche in fase di impaginazione sia necessario effettuare approfonditi controlli.

Non vorrei essere banale ma non trovo modi migliori per dirlo: un testo fornito dovrebbe essere privo di errori grammaticali e refusi tipografici. L’autore non dovrebbe fornire un test che pensa possa contenere errori.

Questo aspetto è stato già trattato approfonditamente in alcuni articoli sulla correzione di bozze in questo blog. Qui vorrei ribadire solo alcuni aspetti. Primo fra tutti, l’assoluta maggiore efficacia del controllo fatto su carta rispetto al controllo su schermo.

Prima però di procedere a un controllo su carta, conviene fare il possibile per risolvere a schermo eventuali errori, almeno per risparmiare un po’ di costoso toner.

Un passaggio intermedio dal programma di impaginazione alla carta potrebbe essere rappresentato dal formato Pdf.

Un altro che personalmente uso spesso è la modalità “Presentazione” di Indesign perché elimina qualsiasi distrazione dallo schermo ed è più immediata del Pdf.

Alla fine, quando non riuscirete più a trovare più errori sullo schermo, stampate e ricontrollate, meglio se fate passare un giorno e meglio ancora, due. È necessario saper osservare il lavoro “come se non l’aveste mai visto prima”.

Altra caratteristica dell’impaginazione professionale è l’attingere a piene mani agli strumenti che il software mette a disposizione. Il controllo ortografico in primis ma anche le funzioni di ricerca/sostituzione e magari, i più fanatici come me, anche la ricerche Grep (scopri cosa sono in questo mio articolo).

Un altro espediente molto utile è usare la funzione di lettura ad alta voce presente in Word e in altri software e concentrarsi sull’ascolto, senza leggere contemporaneamente il testo.

Gli errori sono figli diretti delle cose fatte troppo tardi. Un lavoro importante deve essere completato almeno una settimana prima del giorno previsto di stampa o di pubblicazione.

Preparazione alla stampa

Occhio alle “cose ovvie che nessuno controlla”. Non tralasciare i controlli di routine, non diamo per scontato nulla prima di produrre il file di stampa

Cosa può accadere in stampa di tanto grave? Non molto una volta verificati i punti precedenti. La stampa riflette principalmente quello che si vede sullo schermo ma attenti a un paio di trabocchetti e attenti a dare per scontato certi aspetti.

Il primo è che i testi principali non siano nero pieno ma un nero fatto da più colori base. Come saprete si stampa coi quattro colori di base (Ciano, Magenta, Giallo e Nero) di solito. Il testo principale deve però essere composto solo del colore nero.

Se il nero dei testi, come spesso accade nel testo importato da Word, è un nero fatto di più colori, in stampa tali colori si potrebbero sovrapporre sfalsati. Questo problema si riscontra prevalentemente nel testo di piccole dimensioni.

Il secondo è che le immagini devono essere in alta definizione. Per semplificare, tra i 200 e i 300 dpi per le immagini fotografiche (a tono continuo, senza stacchi di colore netti). Le immagine quali logo, logotipi e simboli devono invece essere vettoriali.

Per queste immagini, non molti lo sanno, non sono affatto sufficienti i canonici 300 dpi. O adoperiamo file a definizione elevatissima (e pesantissimi) oppure (molto meglio) usiamo il formato vettoriale che viene sempre stampato alla definizione massima della macchina tipografica (generalmente, quelle professionali 2500 dpi).

Occhio di nuovo agli errori grossolani

Calma, siete ancora in tempo. Non trascurate la possibilità di errori grossolani. Proprio perché sono davanti ai vostri occhi e magari sono stati davanti a quelli di tutte le persone che hanno controllato prima, potreste pensare che non vi sia necessità di ulteriore controllo.

Non parlo di una revisione del lavoro, parlo di un veloce ripasso di alcuni elementi fondamentali prima di dare il “visto si stampi”:

  • Titoli principali dei capitoli o degli articoli con refusi
  • Indice con numeri di pagina sbagliati
  • Codici, periodicità, informazioni di copyright sbagliate
  • Pagine prive del numero di pagina
  • Intestazioni che non corrispondono ai contenuti
  • Parti di testo e immagini mancanti

Mentre un errore nel testo principale o in una didascalia può essere perdonato, in un titolo potrebbero essere guai seri.

Le sviste più pericolose riguardano le parti più semplici perché nessuno le controlla. Quante ne ho trovate nella mia carriera! Sviste che avrebbero fatto buttare al vendo migliaia di euro alla volta.

Esistono mezzi automatici o semi-automatici per effettuare controlli in tal senso ed è possibile utilizzare variabili e indici che si aggiornano semi-automaticamente. Ma non ci si può affidare completamente ad essi.

Potremmo dire che l’impaginazione professionale sfrutta al massimo la tecnologia del software per questo tipo di controlli ad esempio attraverso l’uso di variabili per controllare, l’uniformità delle testate, i numeri di pagina e i rimandi.

Per finire, una raccomandazione un po’ strana, se vogliamo: non abbiate paura di trovare errori, non vergognatevi di farli e non abbiate sensi di colpa. E posso garantire che sono i più pronti a biasimare il prossimo a commetterne di più.

Conclusioni

Chiunque può impaginare un libro o una rivista, chiunque. Così come chiunque può tirare sù un muro di mattoni tutto storto. Cos’è invece un lavoro a regola d’arte? Questo è quello a cui ho cercato di rispondere in questo articolo.

È stata una bella corsa, quasi senza tirare il fiato. Volutamente non sono sceso nei dettagli perché ho scritto diversi altri articoli sui diversi punti qui sorvolati che approfondiscono il soggetto.

Il cliente è sempre più esigente, il software aiuta sempre di più. Ma il grafico, impaginatore o progettista che sia, è sempre più preparato?

Non sempre ma dovrebbe. Guadagnerebbe e si… divertirebbe di più e il cliente alla lunga sarebbe più soddisfatto e disporrebbe di un investimento migliore.

Buona impaginazione… professionale.

Impariamo a impaginare da professionisti.
Segreti di bottega

Esiste l'impaginazione ed esiste una specie un po' diversa: l'impaginazione professionale. Un termine che ho dovuto coniare per l'enorme diffondersi di servizi di impaginazione imprecisi, superficiali, carenti di stile, ordine e chiarezza. In questo articolo andremo a definire habitat e comportamenti di questa "specie"

27 Ottobre 2022 |

Carlo Gislon

Impaginare sembra facile…

L’impaginazione “pura e semplice” è in sostanza questo: adattamento di contenuti testuali e grafici secondo un progetto grafico pre-esistente; applicazione di criteri tipografici prestabiliti; gestione degli spazi e preparazione del file per la stampa e il supporto digitale.

Scopo del lavoro di impaginazione non è semplicemente “inserire contenuti” ma quello di mettere in pratica, interpretare, adattare le intenzioni del progetto grafico e risolverne gli intoppi verso l’attuazione.

Almeno nei progetti più importanti e complessi, l’impaginazione ricalca un progetto grafico, segue la guida di un timone e si sviluppa attraverso dei menabò, oggigiorno sostituiti da bozze elettroniche a volte stampate.

Timone e menabò sono due termini tecnici, storici in un certo senso, che indicano rispettivamente uno schema generico dei contenuti e una bozza generale.

In linea teorica, il grafico impaginatore, seguendo scrupolosamente il timone, compone i contenuti forniti (testi e immagini) applicando i criteri di stile del progetto grafico generale espresso e produce uno o più menabò o bozze.

Egli costruisce il file definitivo per la stampa un po’ come fa un muratore per costruire una casa seguendo il progetto del geometra. L’obiettivo è di solito un file Pdf pronto da stampare o da pubblicare digitalmente.

un semplice timone per l'impaginazione di un profilo aziendale
Un timone, per quanto semplice, è sempre un grosso aiuto. È qui che si inizia a portare ordine e chiarezza ed è tanto più importante quanto più è complesso l’impaginato. È ancor più importante quando si lavora in un team numeroso perché contribuisce a coordinare l’intero gruppo

Può sembrare semplice ma non lo è: il testo fornito a volte supera lo spazio disponibile, altre volte è poco, l’immagine prevista non viene fornita oppure è scadente, i file non si aprono, i testi contengono errori ricorrenti, non è chiaro se una frase è un paragrafo normale, un titolo, un sottotitolo.

A volte vengono richieste modifiche che costringono a rivedere il lavoro completamente o a fare ricerche complesse nel testo, in altri casi viene decisa una modifica nel formato generale, nei margini, nella sequenza dei contenuti ecc.

Essenzialmente questo articolo si propone di suggerire il modo migliore per appianare o per evitare molti di questi problemi, secondo la mia esperienza diretta e secondo i migliori insegnamenti “ufficiali”.

impaginazione prpofessionale profilo aziendale
Impaginazione profilo aziendale per Aurora Costruzioni. Graphic design studio Gislon. Non è un lavoro complicato ma ci vuole accortezza nella disposizione delle colonne e nel rispettare gli spazi bianchi stabiliti
Esempio di impaginato

Impaginazione rivista Europa Uomo. Per mantenersi fedeli al progetto originale, ho lasciato le colonne giustificate. Si notano però gli ampi spazi tra le parole. Per regolare l’ingombro sono stati sfruttati, essenzialmente, l’immagine e lo spazio dopo la foto dell’autore. Non si tocca mai la dimensione del carattere e dell’interlinea che devono restare costanti in tutti gli articoli. Graphic design Carlo Gislon

Prima dell’impaginazione: il progetto grafico

In mancanza di un progetto grafico su cui basarsi, l’impaginatore deve perlomeno figurarsi uno stile generale, un’intenzione complessiva, degli elementi coordinati.

Si era già capito: l’impaginazione professionale non esiste se manca a priori un progetto grafico. Molti problemi di impaginazione hanno origine nella mancanza di un buon design grafico iniziale.

Per usare sempre la stessa metafora, è come un muratore che cerca di costruire una casa senza avere a disposizione alcun progetto.

Il progetto grafico potrebbe essere rappresentato dal file di un libro o di una rivista (il numero precedente o il libro della stessa collana) usati come modello, dove troviamo già definiti, ovviamente, dimensione pagina, finestre di testo, i caratteri e i loro stili, le pagine principali con le loro testatine e i numeri di pagina, elementi grafici ricorrenti e colori.

Potrebbe trattarsi anche di un riferimento solo visivo, un libro o una rivista dello stesso editore che dovrà essere tradotto in un file di Indesign o altro programma.

Scopo del lavoro di impaginazione, come ho scritto sopra, non è solo “inserire contenuti” ma mettere in pratica, interpretare, adattare le intenzioni del progetto grafico e risolverne gli intoppi verso l’attuazione.

Il lavoro del team

Soprattutto in ambito editoriale, l’impaginazione professionale è un lavoro ben coordinato. Non solo la precisione del grafico impaginatore ma anche l’organizzazione del lavoro gioca un ruolo almeno tanto importante.

La ragione è che dietro la produzione di un libro o di una rivista ma anche di alcuni progetti grafici pubblicitari, come i cataloghi, ci sono diverse persone coinvolte.

Quando più persone devono mettere le mani sullo stesso lavoro, è importante che le correzioni e le osservazioni dei vari attori non si accavallino, non si disturbino a vicenda e non siano fraintese.

Purtroppo l’uso, almeno qui in Italia, non è molto diffuso ma sarebbe opportuno usare un software “ponte” come Incopy che permette a tutti gli attori coinvolti di lavorare su un unico file senza il bisogno di passarsi le correzioni.

Hai letto bene: non sarebbe affatto necessario passare il Pdf con le correzioni o addirittura la bozza stampata all’impaginatore, potrebbero essere fatte direttamente sul file stesso di lavoro!

In pratica ognuno appone le sue correzioni e le sue annotazioni direttamente al documento, senza doverle “passare” al grafico e ciò include il file singolo del libro o i tanti file che compongono gli articoli della rivista che possono essere collegati.

Il software Incopy non permetterebbe a più persone di apporre contemporaneamente le correzioni o effettuare modifiche ma rende disponibile il contenuto una volta che il lavoro è finito.

Ma tra il dire il fare c’è di mezzo il mare, un mare di ignoranza più che altro poiché tale software è disponibile a chiunque possieda una licenza Indesign o può essere acquistato singolarmente a costi abbordabili.

Un messaggio rivolto soprattutto agli editori: implementate questo flusso di lavoro e otterrete lavori più precisi, a minor costo e personale più felice!

Gestione del carattere tipografico

L’impaginazione professionale deve essere consapevole della logica alle spalle di scelte tipografiche come quella della determinazione dei caratteri.

Capita abbastanza spesso, ad esempio, che in fase di impaginazione si debbano caricare nuovi font (file del carattere) per avere un set più completo.

Alcuni caratteri mancano addirittura di un vero corsivo (che non è semplicemente il carattere normale inclinato). L’impaginatore deve trovarlo e installarlo e magari sostituire il set di caratteri già in suo possesso con uno più completo.

Modifiche nei contenuti, dettate dall’editore o dal graphic designer, potrebbero imporre l’uso di un carattere un po’ diverso o di uno stile di carattere diverso.

Gestire il carattere tipografico significa anche capire che grassetti e corsivi non sono semplicemente versioni “grosse e inclinate” dello stesso carattere, significa che devi trovare il preciso font non un surrogato, significa privilegiare font il più completi possibili, magari i famosi Open Type.

Significa restare aggiornati sui formati, significa comprendere i significato di carattere, di font, di famiglia di caratteri, di kerning, di tracking di maiuscoletto.

Significa anche saperli gestire, sinignifica NON usare font senza possederne i diritti (cosa veramente inutile se usi la Adobe Suite o Google Font.

Tutte robe da impaginatore il graphic designer, giustamente, snobba o non ne conosce nemmeno l’esistenza o è troppo impegnato per interessarsene.

Giustificazione del paragrafo

L’impaginazione deve fare attenzione agli allineamenti dei paragrafi e mantenersi coerente a uno stile o al progetto grafico quando esiste.

Rendere “giusto” un paragrafo significa adattarlo alla colonna di testo. Giustificato quando le righe coprono tutta la larghezza, a bandiera o a sinistra quando si appoggiano al margine sinistro e conservano la loro spaziatura normale.

Centrato è come… negli annunci funebri (un po’ di sarcasmo ma in realtà è un allineamento da usare in diversi casi, sopratutto nei titoli). Tutto rientra ell’arte della Composizione Tipografica.

Sillabare significa spezzare la parola aggiungendo il trattino perché vada a capo nel modo migliore secondo la lingua in uso (occhio, selezionate quella giusta!) e in modo da sfruttare al meglio lo spazio disponibile.

Era giusto chiarire alcune termini, quelli che si incontrano più spesso in questa fase. Non sembra ma il programma fa un sacco di ragionamenti per fare tutto questo e ci risparmia di una montagna di lavoro che una volta era manuale.

L’impaginatore deve rendersi conto delle problematiche relative alla giustificazione del testo. In particolare, nel caso di colonne strette, un allineamento giustificato causerà ampi spazi tra le parole che devono essere gestiti.

Indesign permette di regolare il “grado di sillabazione”, in altre parole “la frequenza degli a-capo”. Nei testi giustificati ne servono di più e possono essere un tantino fastidiosi anche se grammaticalmente corretti.

Sembra quasi sacrilego proporre al cliente un allineamento sbandierato a sinistra. Il pacchettino squadrato di testo, con le righe tutte uguali riscuote sempre tanto successo. Ma fatevi coraggio e usatelo se avete un po’ di autonomia nelle scelte di composizione tipografica.

L’allineamento a sinistra offre quindi vantaggi “tecnici” ed ha forse una maggiore personalità. È un aspetto che esula dall’impaginazione pura e semplice ma spesso l’impaginatore è autorizzato a metterci mano.

Come dicevamo, in un impaginato a colonne strette (giornale o rivista ad esempio), l’allineamento giustificato crea degli spazi molto larghi tra le parole.

Il fatto che questi a molti non diano fastidio è un mistero che la scienza ancora non ha spiegato. Quelle righe tutte forzatamente della stessa lunghezza, come un battaglione in marcia, non sono necessariamente belle e funzionali anche se sono certo molto… marziali.

In un libro, dove di solito il testo è in una colonna, possiamo invece sfruttare appieno questo tipo di giustificazione.

Quindi, ricapitolando: colonne larghe = allineamento giustificato, colonne strette = allineamento a sinistra. Questa è la regola e, naturalmente, te ne puoi infischiare se vuoi ma solo dopo averla imparata bene.

In entrambi i casi, usate la sillabazione (gli “a-capo”). Credo che a molte persone dia fastidio semplicemente perché hanno perso alcune nozioni base di grammatica, quella materia tipica da secchioni che si insegna a scuola senza apparente motivo.

Un altro prezioso consiglio, stavolta proprio da impaginatori puri: lasciate al software il compito di spezzare le parole. Mai, mai e poi mai sillabare manualmente con il semplice inserimento del trattino da tastiera. Mai.

Esistono casomai modi corretti per regolare o forzare la sillabazione a nostro piacimento, ogni software serio di elaborazione testi o di impaginazione ha il suo, come ad esempio il “trattino facoltativo” di Indesign o la regolazione della sillabazione già citata.

esempio di pagina due colonne allineamento a sinistra

Allineamento sinistro. Carattere Didot. Questo potrebbe essere considerato un “carattere impegnativo”. Occupa spazio, presenta forti contrasti, ha un forte stile e una marcata personalità. In questo impaginato serve un allineamento sinistro. Vi avverto: nove persone su dieci lo criticheranno, persistete perché anch’esse alla lunga lo apprezzeranno. (Pagina rivista – Graphic Design studio Gislon)

Gestione delle note

Le note vanno sempre inserite e gestite coi sistemi automatici previsti dal programma. Questo vale innanzitutto per chi scrive i testi ma anche per l’impaginatore quando effettua correzioni e modifiche e prepara il file.

In pratica significa che va usata la funzione “inserisci nota” a pié pagina o a fine documento. In questo modo si posizioneranno sempre nel modo corretto, la numerazione risulterà sequenziale anche in caso di aggiunte o eliminazioni.

I collegamenti ipertestuali tra rimando e nota saranno funzionanti.Quest’ultimo aspetto è vitale quando si va ad esportare in formato Epub ma anche quando si deve creare un semplice Pdf per lo schermo e torna perfino utile anche nella lavorazione in Indesign.

È infatti possibile cercare agevolmente i singoli numeri di nota e le note stesse qualora vi sia bisogno di intervenire sul loro formato, per cambiare qualche stile, per modificarne il contenuto o altro.

Word e Indesign lavorano assieme perfettamente nella gestione delle note, sia in quelle a pié pagina che a fine documento (A proposito, il miglior formato documento per l’importazione in Indesign è il Docx poiché basta su Xml proprio come su Xml è basata la gestione del documento Indesign. Anche l’Rtf offre un’ottima compatibilità).

Purtroppo molti testi giungono sul piatto del grafico con le note inserite “manualmente” a causa della scarsa dimestichezza dell’autore col programma di scritture dei testi. Cosa fare in tal caso?

Il consiglio migliore che mi sento di dare è di re-inserire le note con l’apposita funzione se si tratta di un libro. Cercare di gestirle altrimenti vi farà perdere la testa.

In una rivista o in un manuale, quando le note sono poche e di solito raccolte a fine articolo, conviene lasciarle come sono perché in tali casi le note vanno, di fatto, posizionate manualmente.

Vedove, orfane e lutti in genere

L’impaginazione professionale elimina spietatamente le righe di testo isolate a fine o inizio pagine e le parole isolate.

In attesa che il politicamente corretto riveda anche questi termini, Vedove e orfane (i vedovi e gli orfani non sono abbastanza patetici) indicano un problema quasi identico: le righe isolate a inizio o fine pagina. Queste righe solitarie sono una delle cose più brutte da vedere in un testo.

L’Oscar dell’orrido lo vince sicuramente la riga che se ne sta in cima da sola sulla pagina, la vedova, il rimasuglio del paragrafo cominciato a pagina prima. L’orfana è brutta ma… fa anche tenerezza perciò a volte si sopporta. (Io poco).

Lo sono anche, magari un po’ meno, quelle singole parole o quelle poche lettere che se ne stanno a capo da sole, chiamate di solito “righini”.

Il massimo lo si raggiunge, questo è certo, col rimando della nota che rimane da solo a inizio riga, difetto causato dal fatto che si è inserito uno spazio tra la parola e il numero di nota tramite la barra spaziatrice (gli autori fanno questo ed altro).

Ci sono vari trucchi del mestiere per risolvere questo, sempre più raffinati man mano che la propria competenza aumenta ed hanno a che vedere con minimi aggiustamenti della distanza tra le singole lettere (tracking), o con un leggerissima (mi raccomando) distorsione orizzontale del carattere.

È possibile aggiungere anche degli “spazi unificatori” o forzare la sillabazione con “trattini facoltativi”. Tutti metodi che aggiungono spazio tra i caratteri senza il pericolo che la parola venga spezzata dalla sillabazione.

Se nel testo vi sono immagini, si gioca sulle loro dimensioni o sugli spazi tra le didascalie così che il testo scorra opportunamente avvantaggiandosi della creazione di gradevoli spazi bianchi che sembreranno casuali mentre l’impaginatore professionista sa benissimo essere una subdola furbizia.

L’inserimento di citazioni e la disposizione ad arte delle didascalie sono un altro paio di trucchi da professionista. L’obiettivo non è ottenere una pagina zeppa, squadrata e soffocante. L’intento è quello di aver pieno controllo sullo scorrimento del testo, creare armonia, bellezza, rendere facile la lettura, valorizzare i contenuti.

composizione tipografica finale nell'impaginazione di una rivista
Impaginazione rivista - esempio

Le pagine affiancate di una rivista. Sopra prima della correzione di vedove/orfane e parole isolate, evidenziate in rosso. Sotto, la versione finale. Notate il titolo di paragrafo in cima colonna sinistra di pagina destra. Notate come non vi siano parole isolate a capo riga. Notate come lo spazio sotto la didascalia dia un po’ di “respiro” alla pagina e valorizzi la didascalia stessa. Graphic Design studio Gislon

La gestione dello spazio bianco

In un progetto grafico professionale lo spazio bianco non è vuoto. L’impaginazione professionale deve rispettare tale intenzione.

Gli spazi bianchi sono tanto necessari quanto gli spazi pieni. Lo “spazio bianco” è un elemento della composizione grafica. È un termine tecnico che indica uno spazio vuoto da usarsi ai fini della composizione grafica.

L’impaginatore professionista si troverà spesso a gestire tale aspetto anche se lo stile generale o perfino il progetto grafico dettagliato è dato dal progettista.

Capita che rimanga spazio disponibile, va gestito con un senso e con la coerenza già sottolineata. L’impaginatore non deve considerarlo “spazio disponibile” per immagini, testi o altro.

Lo spazio bianco disposto ad arte sulla pagina comunica ordine, gerarchia e rende più agevole e riposante la lettura. Insomma, questo “niente” fa diverse cose.

Non utilizzate rientri (il tasto “Enter”) e spazi bianchi (Barra spaziatrice) per creare distanziamenti aggiuntivi tra paragrafi e tra singole parole o singole lettere. Usare invece la gestione di “spazio prima e dopo” del paragrafo.

Anche il rientro forzato “shift+return” causa effetti indesiderati, specie nel testo giustificato, poiché si porta dietro la formattazione del paragrafo.

impaginazione professionale e gestione spazio bianco
bilanciamento delle colonne di un libro

Vi ritroverete di sicuro ad avere “spazi bianchi” indesiderati. L’impaginazione professionale li risolve nel modo migliore dando a tali spazi un senso creativo o quantomeno organizzativo o semplicemente estetico. In questo, si è optato per dare una lunghezza uguale alle colonne finali, con la nota in basse che chiude comunque la pagina. Graphic Design studio Gislon

Impostare una distanza prima e dopo nella formattazione del paragrafo offre diversi vantaggi rispetto all’uso del tasto “return”:

  • se usiamo gli stili di paragrafo (e dovremmo assolutamente) lo spazio verrà applicato automaticamente risparmiandoci tempo e dimenticanze.
  • Se il testo scorre e il nostro paragrafo si posizionerà a inizio colonna, lo spazio iniziale non verrà applicato.
  • È possibile applicare qualsiasi distanza piuttosto che semplici multipli di interlinea.
  • Se realizziamo ebook formato epub la distanza verrà rispettata.

Nell’impaginazione professionale si mettono a volte in pratica attenzioni quasi maniacali come regolare lo spazio tra le singole lettere delle parole.

Il modo corretto per creare ulteriore spazio, in questo caso, è aumentare la crenatura (termine tipografico che indica la regolazione dello spazio tra singoli caratteri) o tramite l’utilizzo di spazi unificatori (speciali spazi aggiunti tramite il software che non vengono mai spezzati).

Gabbia e impaginazione professionale

L’impaginazione professionale venera la gabbia e la usa come costante riferimento, come guida e suggerimento per la disposizione dei contenuti

La gabbia aggiunge ritmo, ordine, prevedibilità e, al contempo, ci suggerisce dove piazzare, di tanto in tanto qualche elemento di sorpresa.

Come si può “uscire dagli schemi” se in primo luogo non ci sono schemi? Senza schemi ciò che chiamiamo vivacità è semplicemente caos.

L’impaginazione professionale comprende pienamente la logica della gabbia impostata dal graphic designer. In un lavoro complesso, come una rivista ben strutturata, la gabbia non è subito evidente di primo acchito, ma c’è.

La gabbia tipografica è uno schema organizzativo, non la prigione di Alcatraz. Così chi impagina non è un “detenuto”. La gabbia impone dei limiti e allo stesso tempo ci suggerisce il modo giusto per fuggirne (e ogni tanto bisogna farlo).

Per quanto semplice, qualsiasi impaginato sottintende uno schema. È presente anche in un semplice libro a una colonna: è fatta di margini, di distanza titoli-testo principale, di aree predilette per le immagini.

In una rivista siamo quasi sempre di fronte a gabbie più complesse, fatte di colonne, multipli e divisori delle stesse e aree orizzontali. Blocchi di testo, immagini e spazio bianco si muovono come in una scacchiera in modo solo apparentemente casuale e solo apparentemente rigido.

La gabbia comanda e non solo ammette ma –richiede– qualche eccezione che vista con attenzione spesso eccezione non è. Mentre il grafico poco esperto vede imposizioni, il grafico e l’impaginatore professionista vede coerenza del messaggio e suggerimenti e coglie al volo il momento giusto per fott…, per infrangerle.

Impaginare con stile. No, con gli stili

Stai ancora formattando localmente i caratteri, intendo dire determinando di volta in volta quale carattere e quale stile (normale, corsivo…) usare? Questa è una prova inconfutabile che stai impaginando ancora da dilettante.

Scusa la franchezza ma devi fare un salto di qualità. L’uso degli stili paragrafo e degli stili carattere è un dovere professionale. L’uso degli stili nidificati altamente consigliato. Se usi anche gli stili Grep hai raggiunto l’Illuminazione!

Risparmierai tempo ed errori a profusione usando nel modo corretto gli stili. Ne vale la pensa sempre, perfino nei lavori che non comprendono molto testo.

Potrai produrre velocemente delle varianti da proporre all’autore o al cliente in genere, potrai tornare velocemente sui tuoi passi. Potrai fare ricerche e modifiche molto meticolose e non solo nei testi ma negli elementi in genere della pagina.

Usare gli stili significa poter esportare un Epub dal codice molto più pulito e poterne poi fare delle rapide modifiche (l’Epub trasforma gli stili in codice css).

Impaginazione professionale… direi, “divina”

La proporzione aurea nella grafica merita un cenno anche per l’impaginatore

La proporzione aurea è in pratica uno strumento del graphic design ed è usata nella composizione grafica per definire il formato della pagina e la gabbia. È giusto che anche il mero impaginatore ne sia consapevole.

Quando due misure sono nel rapporto 1:1,618. abbiamo quella che si definisce “proporzione aurea” o “proporzione divina”. L’origine matematica è stabilita dal fatto che un numero in una sequenza è il risultato della somma dei due precedenti.

Nella sequenza 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55… man mano che si procede, il rapporto tra gli ultimi due numeri della lista si approssima sempre più al valore 1,618. Questo rapporto viene usato a mani basse nell’arte, dalla grafica all’architettura fin dai tempi antichi e si riscontra anche in natura.

Esso sembra perciò rappresentare un sunto di “perfezione cosmica” che usato spesso nella grafica per determinare la proporzione della gabbia del testo o dell’insieme delle colonne. Giusto un esempio: in un libro potremmo avere una gabbia di testo larga 12 cm e alta 12 x 1,618 = 19,4.

È un peccato che attualmente si usino spesso formati molto più schiacciati. Non sarebbe sbagliato se non fosse frutto di ignoranza e pigrizia. Un libro tascabile, per esempio, è tale solo se ha un rapporto simile, altrimenti è solo un libro… piccolo.

La proporzione aurea è comunque uno strumento, non un vincolo. Non si –deve– rispettare la proporzione aura, si –può–. Si può usare nell’impostare le dimensioni della pagina o della gabbia di testo principale o come calcolo nella disposizione degli elementi.

Per semplificare possiamo usare il rapporto 8:13 e possiamo semplificare ancora: questo rapporto infatti è il “papà” della regola dei terzi, ovvero del rapporto 2:3. Proporzioni molto simili e molto usate in tutte le arti grafiche.

Questo spiega perché è gradevole e interessante una pagina divisa a tre colonne, con le immagini che possono occupare 1 colonna (1/3), 2 colonne (2/3) o 3 (3/3). Senza diventare schiava nemmeno di questa regola, l’impaginazione professionale ne fa comunque un uso costante e consapevole.

Come si dice? Il 3 è il numero perfetto, no? Anche questa considerazione è parente della Regola Aurea. Alla faccia di chi confonde arte con stravaganti fantasie!

Verifiche, controlli

Un dovere primario dell’impaginazione professionale è la precisione. Come evitare, controllare e rimediare agli errori?

Ti avverto, in quanto impaginatore potrai sistemare mille errori dell’autore o dell’editore ma verrai giudicato solo per quelli che commetti. È una croce che si deve portare, facciamolo con fierezza almeno.

L’impaginatore non è responsabile della correzione delle bozze ma è responsabile di inserire tutto e correttamente il contenuto fornitogli e tutte le correzioni segnate.

Se l’impaginatore ha fatto perfettamente il suo lavoro, gli unici errori presenti nei testi saranno quelli sfuggiti all’autore stesso. Qualcuno ne resta sempre anche se è già stato fatto un editing approfondito.

Ma anche in fase di impaginazione possono essere commessi errori e comunque alcuni di essi cadono, volenti o nolenti, nel piatto dell’impaginatore come, ad esempio, quando l’autore usa il trattino della tastiera per sillabare le parole o usa il tasto “return” a profusione.

Il trattino per sillabare è nella posizione perfetta, peccato che quando il testo inevitabilmente scorrerà nella gabbia, questi se ne andrà a infilarsi chissà dove.

Altri esempi di errori che giungono sul piatto del grafico impaginatore sono lo spazio normale prima dell’apice di nota o prima della punteggiatura e caratteri che non vengono riconosciuti (molto comune nelle lingue arabe od orientali).

Quando poi in corso d’opera si decide, ad esempio, di cambiare le maiuscole in minuscole o di scrivere in un certo modo gli acronimi… si aprono allora nuove possibilità di errore.

Più l’impaginatore mette mano a un lavoro, più sono gli errori che può commettere. Per questo è necessaria una certa metodicità. Accade quindi che anche in fase di impaginazione sia necessario effettuare approfonditi controlli.

Non vorrei essere banale ma non trovo modi migliori per dirlo: un testo fornito dovrebbe essere privo di errori grammaticali e refusi tipografici. L’autore non dovrebbe fornire un test che pensa possa contenere errori.

Questo aspetto è stato già trattato approfonditamente in alcuni articoli sulla correzione di bozze in questo blog. Qui vorrei ribadire solo alcuni aspetti. Primo fra tutti, l’assoluta maggiore efficacia del controllo fatto su carta rispetto al controllo su schermo.

Prima però di procedere a un controllo su carta, conviene fare il possibile per risolvere a schermo eventuali errori, almeno per risparmiare un po’ di costoso toner.

Un passaggio intermedio dal programma di impaginazione alla carta potrebbe essere rappresentato dal formato Pdf.

Un altro che personalmente uso spesso è la modalità “Presentazione” di Indesign perché elimina qualsiasi distrazione dallo schermo ed è più immediata del Pdf.

Alla fine, quando non riuscirete più a trovare più errori sullo schermo, stampate e ricontrollate, meglio se fate passare un giorno e meglio ancora, due. È necessario saper osservare il lavoro “come se non l’aveste mai visto prima”.

Altra caratteristica dell’impaginazione professionale è l’attingere a piene mani agli strumenti che il software mette a disposizione. Il controllo ortografico in primis ma anche le funzioni di ricerca/sostituzione e magari, i più fanatici come me, anche la ricerche Grep (scopri cosa sono in questo mio articolo).

Un altro espediente molto utile è usare la funzione di lettura ad alta voce presente in Word e in altri software e concentrarsi sull’ascolto, senza leggere contemporaneamente il testo.

Gli errori sono figli diretti delle cose fatte troppo tardi. Un lavoro importante deve essere completato almeno una settimana prima del giorno previsto di stampa o di pubblicazione.

Preparazione alla stampa

Occhio alle “cose ovvie che nessuno controlla”. Non tralasciare i controlli di routine, non diamo per scontato nulla prima di produrre il file di stampa

Cosa può accadere in stampa di tanto grave? Non molto una volta verificati i punti precedenti. La stampa riflette principalmente quello che si vede sullo schermo ma attenti a un paio di trabocchetti e attenti a dare per scontato certi aspetti.

Il primo è che i testi principali non siano nero pieno ma un nero fatto da più colori base. Come saprete si stampa coi quattro colori di base (Ciano, Magenta, Giallo e Nero) di solito. Il testo principale deve però essere composto solo del colore nero.

Se il nero dei testi, come spesso accade nel testo importato da Word, è un nero fatto di più colori, in stampa tali colori si potrebbero sovrapporre sfalsati. Questo problema si riscontra prevalentemente nel testo di piccole dimensioni.

Il secondo è che le immagini devono essere in alta definizione. Per semplificare, tra i 200 e i 300 dpi per le immagini fotografiche (a tono continuo, senza stacchi di colore netti). Le immagine quali logo, logotipi e simboli devono invece essere vettoriali.

Per queste immagini, non molti lo sanno, non sono affatto sufficienti i canonici 300 dpi. O adoperiamo file a definizione elevatissima (e pesantissimi) oppure (molto meglio) usiamo il formato vettoriale che viene sempre stampato alla definizione massima della macchina tipografica (generalmente, quelle professionali 2500 dpi).

Occhio di nuovo agli errori grossolani

Calma, siete ancora in tempo. Non trascurate la possibilità di errori grossolani. Proprio perché sono davanti ai vostri occhi e magari sono stati davanti a quelli di tutte le persone che hanno controllato prima, potreste pensare che non vi sia necessità di ulteriore controllo.

Non parlo di una revisione del lavoro, parlo di un veloce ripasso di alcuni elementi fondamentali prima di dare il “visto si stampi”:

  • Titoli principali dei capitoli o degli articoli con refusi
  • Indice con numeri di pagina sbagliati
  • Codici, periodicità, informazioni di copyright sbagliate
  • Pagine prive del numero di pagina
  • Intestazioni che non corrispondono ai contenuti
  • Parti di testo e immagini mancanti

Mentre un errore nel testo principale o in una didascalia può essere perdonato, in un titolo potrebbero essere guai seri.

Le sviste più pericolose riguardano le parti più semplici perché nessuno le controlla. Quante ne ho trovate nella mia carriera! Sviste che avrebbero fatto buttare al vendo migliaia di euro alla volta.

Esistono mezzi automatici o semi-automatici per effettuare controlli in tal senso ed è possibile utilizzare variabili e indici che si aggiornano semi-automaticamente. Ma non ci si può affidare completamente ad essi.

Potremmo dire che l’impaginazione professionale sfrutta al massimo la tecnologia del software per questo tipo di controlli ad esempio attraverso l’uso di variabili per controllare, l’uniformità delle testate, i numeri di pagina e i rimandi.

Per finire, una raccomandazione un po’ strana, se vogliamo: non abbiate paura di trovare errori, non vergognatevi di farli e non abbiate sensi di colpa. E posso garantire che sono i più pronti a biasimare il prossimo a commetterne di più.

Conclusioni

Chiunque può impaginare un libro o una rivista, chiunque. Così come chiunque può tirare sù un muro di mattoni tutto storto. Cos’è invece un lavoro a regola d’arte? Questo è quello a cui ho cercato di rispondere in questo articolo.

È stata una bella corsa, quasi senza tirare il fiato. Volutamente non sono sceso nei dettagli perché ho scritto diversi altri articoli sui diversi punti qui sorvolati che approfondiscono il soggetto.

Il cliente è sempre più esigente, il software aiuta sempre di più. Ma il grafico, impaginatore o progettista che sia, è sempre più preparato?

Non sempre ma dovrebbe. Guadagnerebbe e si… divertirebbe di più e il cliente alla lunga sarebbe più soddisfatto e disporrebbe di un investimento migliore.

Buona impaginazione… professionale.

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