Profili Colore e gestione del colore nella stampa

autore: Carlo Gislon

ultima revisione: Aprile 2025

pubblicato il: Febbraio 2020

In questo articolo vedremo come e perché i profili colore sono un aspetto cruciale da tenere in considerazione per ottenere risultati professionali in stampa. Sono il cardine della gestione del colore e consentono di rappresentarlo in modo coerente e prevedibile. Tra poco li conoscerai molto meglio e saprai sfruttarli a tuo vantaggio!

Perché nasce il profilo colore?

Immagina di voler stampare la tua perfetta immagine mantenendo le medesime caratteristiche cromatiche che vedi sullo schermo e che a loro volta ben rappresentano il soggetto reale.

Probabilmente sai che tale questione è molto meno semplice di quel che sembra. Quante volte sarai rimasto deluso dalla scarsa corrispondenza tra immagine reale/immagine sullo schermo e immagine stampata!

È qui che entrano in gioco i profili colore. In questo articolo, esploreremo come funzionano e perché sono fondamentali per ottenere risultati coerenti e accurati su diversi dispositivi.

Definizione pratica di profilo colore

Stai per leggere la spiegazione tecnica più semplice mai proposta al genere umano sulla funzione del profilo colore.

Supponiamo tu stia preparando il tuo file per andare in stampa, per esempio che tu stia esportando da Indesign a Pdf una rivista. In essa si trovano molte immagini. Il profilo colore di ogni immagine, assieme al sistema di gestione del colore (software Cms, ad esempio, nel mac ColorSync), nel momento in cui crei il Pdf del tuo computer fa questo ragionamento:

“L’immagine usa questi numeri per descrivere i colori dei pixel che la compongono, ma per ottenere lo stesso risultato che lo schermo mostra, li dovrò modificare un po’”.

Il software di gestione ricalcola i nuovi valori numerici (C, M, Y e K), adattandoli al sistema che stamperà la tua rivista (ad esempio una macchina offset).

Fine del capitolo sui profili colore. Si poteva scrivere in modo più semplice? I “professori” devono parlare in modo molto complicato per non compromettere la loro immagine accademica ma io non sono tenuto a rispettare tale prassi.

Questo semplice esempio dovrebbe già chiarire molte perplessità per coloro i quali sono piuttosto ignari del soggetto. Nel resto dell’articolo scopriremo filo per segno come funzionano e, soprattutto, come comportarci.

Definizione tecnica di profilo colore

Facciamo un passo in avanti rispetto alla definizione piuttosto “rustica” appena proposta. Ma prima di offrire la definizione ufficiale, ho provato a crearne una io, semplice ma completa, giusto per avanzare gradualmente, eccola:

Il profilo colore è un insieme di informazioni incorporate al file (che sia un’immagine, una fotografia o un’illustrazione) che vengono interpretate da un Sistema di Gestione del Colore. Quest’ultimo adatta i valori numerici che definiscono i colori del file, convertendoli nei valori numerici necessari a preservarne la fedeltà cromatica lungo l’intero processo di produzione

Siamo quindi pronti alla definizione ufficiale del Consorzio ICC (l’associazione che stabilisce gli standard sulla gestione) che usa qualche tecnicismo in più:

Un profilo colore è un insieme di dati che caratterizzano uno spazio colore in termini di un modello di riferimento assoluto (come CIE XYZ o CIE LAB). I profili colore descrivono le proprietà di un dispositivo di input o output, o lo spazio colore di una grafica, e sono utilizzati da un sistema di gestione del colore per assicurare la fedeltà cromatica tra dispositivi diversi e per mantenere la consistenza dei colori nei diversi passaggi della produzione. www.color.org

In altre parole, dallo scatto fotografico (o scansione, o creazione pittorica) alla stampa, il profilo colore accompagna l’immagine permettendo al dispositivo che la utilizzerà (monitor o stampante ad esempio) di convertire i valori numerici dei colori (Cmyk o Rgb) nei numeri più adatti alla corretta visualizzazione.

Così, quando salvo un’immagine col suo profilo incorporato, il mio file porta con sé una sorta di “carta di identità” che renderà possibile un’interpretazione corretta dei colori.

Il profilo colore e la stampa. Il famoso “Fogra 39”

I profili colore sono strumenti che valgono per qualsiasi sistema di output (es. stampante) e input (es. macchina fotografica), questo articolo esplora principalmente la stampa ma i principi sono gli stessi.

Il significato di profilo colore va afferrato, specie oggi che esistono servizi di stampa che chiedono un certo “fai da te” ma ne avrete a che fare di sicuro anche se vi rivolgete personalmente a un centro.

I servizi on line offrono risparmio e rapidità ma vogliono un controllo più diretto della stampa rendendo necessario un minimo di istruzione per superare i patemi d’animo quando incontriamo termini “esoterici” come profilo colore.

Nonostante tutto, l’utente, in genere, supera eroicamente l’ostacolo e prosegue nell’ordine di stampa anche se da lì in avanti inizia a muoversi con un leggero senso di smarrimento…

Avrò fatto tutto giusto o mi verrà recapitato un qualche “mostro” al posto della mia elegantissima brochure?

La preoccupazione fondamentale, quando si stampa, è avere dei risultati che rispecchino il più possibile quanto si vede sullo schermo (meglio sarebbe dire rispetto al soggetto reale).

Questo non sempre è facile da ottenere specie se non abbiamo i consigli di uno stampatore o di un grafico esperto.

Uno dei termini tecnici che senza ritegno ci vengono sbattuti in faccia come fossimo tutti degli esperti del settore è appunto: profilo colore. Le istruzioni citano: “I tuoi file devono essere convertiti nel profilo colore Coated Fogra* 39“. Eh?!

Proviamo a chiarire bene questa fetta di tecnologia. Così, giusto per avere qualche incubo in meno mentre aspettiamo il materiale stampato dal corriere.

Approfondimenti tecnici ed esempi

Il profilo colore è un tentativo “quasi perfetto” di risolvere la coerenza del colore attraverso vari dispositivi. Abbiamo due problemmi fondamentali.

Il primo problema che cerca di risolvere il profilo colore è: si possono riprodurre solo un limitato insieme di colori rispetto a quelli percepibili dall’occhio umano.

Questo vale sia per le immagini che usano il metodo colore Rgb, sia per quelle che usano il metodo colore Cmyk: non ce la fanno a rappresentare tutti i colori che vediamo.

Perciò, come farò a stampare quelle esatte tonalità di, ad esempio, blu se quel dispositivo non è in grado, per qualsiasi motivo, di riprodurle esattamente?

Pur nelle infinite gradazioni, le macchine da stampa hanno dei limiti oltre i quali non possono spingersi. Per esempio, certi tipi di rosso o i blu più intensi che vediamo in natura o riprodotti su un monitor non possono essere stampati in modo identico.

Ne consegue, ci piaccia o meno, che il dispositivo di stampa modificherà i colori che vediamo sullo schermo per farli rientrare nella sua personale gamma. Ci piaccia o meno, ok?

Meglio sarebbe quindi intervenire in qualche modo e istruire noi stessi sul come modificare quei colori in modo da evitare o limitare i danni.

Tecnicamente, l’insieme di colori che il dispositivo può stampare (o catturare nel caso di uno scanner o fotocamera) si chiama gamut (vedi illustrazione in basso).

È possibile che ti sia scontrato con questo problema quando hai tentato di stampare un blu vivace, il cosiddetto “blu elettrico” o un verde molto vivace. Sono colori –impossibili– da stampare .

Avrete notato come puntualmente il blu elettrico si trasformi in un blu più spento e tendente al viola e il verde, si “spenga” e arrivi ad assomigliare all’erbetta ingiallita dei campi o quasi? Non c’è verso di renderli più brillanti e puri.

In parte il problema si può aggirare aggiungendo pellicole e inchiostri speciali ma risulta molto costoso e comunque applicabile solo in certe circostanze.

E i problemi non finiscono qui…

La risposta al secondo problema

Il secondo problema è: ogni dispositivo e condizione di stampa riproduce in modo diverso i medesimi valori numerici dei colori.

Ed è normale visto che possono cambiare hardware, carta, inchiostri… Così, se a due stampanti arrivano le stesse sequenze numeriche di colore, supponiamo in Cmyk: 5/10/96/6 (un giallo intenso) esse stamperanno due colori probabilmente diversi tra loro. A volte poco, a volte tanto.

Per dirla in altre parole, e perdonami la ripetizione: un colore con le stesse percentuali di ciano, magenta, giallo e nero, potrebbe essere riprodotto in modi diversi al variare della stampante, della carta, degli inchiostri usati o altre condizioni.

Accade quindi che un file in stampa possa dare risultati imprevisti. I rossi potrebbero risultare “meno rossi”, i blu… “meno elettrici”. Gli azzurri potrebbero invece risultare “più azzurri” perché, almeno per l’azzurro (ciano) la stampa, a volte, batte lo schermo.

Accade, a meno che…

La soluzione (quasi) perfetta

Per limitare gli effetti indesiderati in fase di stampa do vuti ai citati problemi si utilizza, l’abbiamo detto, il profilo colore. Ma cosa c’è “dentro” un profilo colore?

Esso non è altro che un insieme di tabelle di confronto tra i colori riproducibili dal dispositivo e i valori dell’insieme CieLab, uno spazio colore che include tutti i colori che l’occhio umano può percepire. Un insieme indipendente, quindi, dalla periferica che viene utilizzata.

Nell’insieme CieLab, ogni colore percepibile è stato “misurato” (tramite esperimenti e calcoli basati su come vediamo la luce) e rappresentato da tre numeri: L* (luminosità), a* (verde-rosso) e b* (blu-giallo).

Questo sistema permette di descrivere ogni colore visibile in modo standard, senza legarlo al modo in cui lo mostrano dispositivi come monitor o stampanti.

In sostanza, è come aver catalogato l’intero spettro dei colori percepibili in un sistema organizzato, leggibile e comprensibile per macchine e persone. Semplice e potente!

I valori dell’insieme Lab sono univoci e assoluti, dipendono cioè dalla misurazione diretta di un determinato colore e da calcoli con complicate formule matematiche. Per qualsiasi dispositivo i valori Lab significano la stessa cosa.

Il profilo colore mi dice, in pratica, cosa è capace di fare quel dispositivo (o quella categoria di dispositivi) rispetto all’insieme CieLab, che è quindi un insieme di riferimento assoluto.

Oltre alle tabelle che aiutano a mappare il colore, il profilo contiene informazioni sulla mappatura dei valori di luminosità e variabili sul tipo di carta e altre condizioni.

Il profilo colore rende quindi possibile una conversione che modifica i valori numerici dei colori perché rientrino nella gamma del dispositivo e, allo stesso tempo, si mantengano il più possibile fedeli all’originale.

Un caso tipico è quando voi o lo stampatore convertite il vostro file per la stampa su carta patinata, per esempio quando create un file Pdf da Indesign, di solito usate il metodo Cmyk usando il profilo colore Coated FOGRA 39.

Tornando al tema, così facendo, state trasformando i valori numerici dei colori del vostro file per farli rientrare tra quelli disponibili nella stampa Cmyk con determinate caratteristiche al fine di ottenere la corrispondenza migliore tra quello che vedete e quello che verrà stampato. Si cambiano i numeri per mantenere inalterati i colori.

Dovete dare in pasto il file preparato in quel modo perché quelli sono i colori che sarà capace di riprodurre senza sorprese. Nell’immagine subito sotto vedete quanto sia più piccolo l’insieme dei colori stampabili (Cmyk) rispetto a quelli visibili all’occhio umano (Lab). Molto più piccolo (considerando le infinite sfumature di colore), eppure è con questi limiti che dobbiamo fare i conti!

Nel diagramma vediamo anche che le tonalità del verde sono le più penalizzate mentre vanno abbastanza bene i rossi e i blu intensi tendenti al viola.

Lo stesso diagramma ci tranquillizza un po’ perché, come si può notare, i colori fondamentali rimangono ben rappresentabili in ogni spazio colore. Saranno quindi, di solito, le sfumature e le variazioni più tenue a perdersi nella riproduzione su stampa e schermo.

Questo è il motivo per cui, almeno quando non si ha davanti l’oggetto reale, non notiamo, grazie al lavoro del profilo colore, colori mancanti.

profili colore - gestione colore - gamut
Da questa immagine si può capire come i verdi più vivi siano i colori più penalizzati dalla stampa che usa la tecnologia cmyk. L’area principale più grande rappresenta tutti i colori visibili all’occhio umano, matematicamente rappresentata nel sistema di valori Lab (sì, ogni colore che vedi in natura ha un terna di tre numeri che lo identifica in un sistema assoluto). L’area CMYK è molto più piccola e rappresenta i colori stampabili dai quattro colori cmyk (Ciano, Magenta, Giallo e Nero). Abbiamo poi altri due spazi colore: Adobe Rgb che rappresenta tutti i colori visualizzabili idealmente sugli schermi di maggiore qualità (usati di solito da fotografi e grafici) e sRgb che sono l’insieme di colori visualizzabili idealmente da schermi di pc di media e bassa qualità qualità (largamente più diffusi).
strumento per realizzare profili colore e calibrare monitor
Ad alti livelli, si usano strumenti di calibrazione del colore per creare profili personalizzati e per avere dei colori a monitor assolutamente affidabili. Qui entrano in ballo monitor di alta qualità e molto costosi.
macchina per stampa in esacromia
Per aumentare la gamma dei colori stampabili, avvicinandoci il più possibile allo spazio colore CieLab, si usano macchine offset con colori aggiuntivi oltre i 4 “standard”. Tipica l’esacromia: CMYK + Orange +Green. Naturalmente questa macchina ha un suo profilo colore. Aumenta fino al 30% circa la gamma dei colori riproducibili. Un bel salto!
campionario colori Pantone
Altro stratagemma per uscire dalla gamma Cmyk e poter riprodurre colori oltre il suo gamut: utilizzo di tinte piatte, colori premescolati secondo vari cataloghi (nell’immagine quello pantone). Utilizzabile per aree uniformi.
La gestione del colore non sostituisce le prove colore ma di sicuro allevia il lavoro e permette di partire da una base più affidabile. Il file può essere perfettamente realizzato ma anche la macchina da stampa deve essere costantemente calibrata.

In “attesa” di Fogra 51 e 52

Tra parentesi, è un peccato che il profilo Fogra 39 sia ancora quello di gran lunga più diffuso perché sono stati sviluppati profili più efficienti, sempre dall’istituto FOGRA, il 51 e 52 ad esempio.

Consentirebbero di ottenere una stampa tipografica e tipografica digitale con maggior profondità di colore, con toni migliori dell’incarnato, con transizioni di colore migliori ecc.

Miglioramenti riscontrabili, va detto, solo in determinate condizioni. Questo fattore, assieme al fatto di dover adattare la propria produzione al nuovo flusso determinano la poca diffusione dello standard.

Ci sono comunque centri stampa che li usano, e questo è sicuramente un buon parametro per giudicare la competenza e la “pignoleria” nel lavoro di un fornitore.

Come avviene la trasformazione numerica?

Se volete farvi del male, leggete anche questo paragrafo perché vi sto per spiegare come avviene la trasformazione numerica dei colori del nostro file nel passaggio verso il profilo di destinazione. Un tentativo mai compiuto dall’uomo (in maniera comprensibile) prima d’ora.

Spero non ci siano molti tecnici a leggere quanto segue perché so che a volte le semplificazioni possono apparire sacrileghe ma io trovo molto più sacrilego che le persone restino ignoranti.

Per loro e per i nerd più scatenati, rimando comunque a questo documento del Consorzio ICC che mostra filo per segno come funziona il profilo colore.

Ok, allora prendiamo un singolo colore tra tutti i milioni di colori che compongono la nostra immagine (il nostro file) e seguiamone il viaggio.

Abbiamo il nostro bel giallo, ci piace, è il giallo giusto dei nostri… pansé, nel nostro monitor high tech è perfetto, corrisponde al colore del fiore nella realtà e vogliamo che lo sia altrettanto nella stampa offset che stiamo per fare.

L’abbiamo misurato, stiamo lavorando in Rgb e precisamente col profilo Adobe Rgb e perciò è definito da questi tre numeri: 233, 227, 31.

Sappiamo già che lo spazio di destinazione, essendo una stampa commerciale, sarà in quadricromia, Cmyk e sappiamo che questa tecnologia di stampa ci offre meno colori dello spazio Adobe Rgb che invece il nostro monitor ci mostra alla grande.

La domanda da un milione di dollari e che ci fa praticamente il sunto di tutto il senso dei profili colore è: “quali sono i valori di quadricromia giusti che vanno a sostituire i valori Rgb sopra citati col minor danno possibile?”

Ci pensa naturalmente il nostro sistema di gestione del colore confrontando con alcuni passaggi il profilo colore di origine (Adobe Rgb) con quello di destinazione, nello specifico Coated FOGRA 39, un profilo per la stampa in quadricromia su carta patinata.

Primo passaggio: da Adobe Rgb a valori CieLab. Grazie al profilo Adobe Rgb, i colori vengono confrontati ai valori corrispondenti Lab, una terna di numeri che rappresentano il valore ‘assoluto’ del colore, i valori del colore nello spettro visibile umano.

Il consorzio ICC si è dato molto da fare per trovare un modo con quale assegnare a ogni colore visibile all’occhio umano dei valori numerici. Un lavorone, garantisco!

Secondo passaggio: da Lab al profilo colore Coated FOGRA 39, il sistema di gestione confronta i valori Lab con la tabella dei valori del profilo di destinazione e trova i valori corrispondenti più simili. Se sono uguali li lascia inalterati, se sono diversi (non rientrano nella gamma) li trasforma nel più vicino della gamma.

Il gioco, qui descritto nella sua sostanza, è fatto. Il viaggio è stato in verità abbastanza breve.

Ogni profilo, Adobe Rgb e FOGRA 39 in questo esempio, è una sorta di tabella (un insieme a dire il vero e non solo delle matrici ma non sono così sadico da approfondire ancora) che produce un raffronto con i valori del sistema Lab.

Cercando di semplificare ancora, si tratta di tradurre il tutto da una lingua all’altra (da Adobe Rgb a FOGRA Cmyk in questo caso). Né Rgb, né Cmyk si capiscono tra loro ma subentra un interprete, Lab, che conosce sia la lingua dell’uno sia quella dell’altro. Complicato ancora?

Spero meno. Ma vi vengo ancora incontro con una metafora: i Profili sono la carta di identità del colore (o, se preferite, il passaporto), il Sistema Lab è l’interprete. Il Sistema di Gestione Colore (Cms)… organizza l’incontro.

Indesign e i profili colore

Il programma di impaginazione grafica più diffuso, Indesign, utilizza (quando lo chiediamo) i profili inclusi nelle immagini collegate per creare un Pdf per la stampa.

Quando si collega un’immagine in Indesign, per esempio quando si crea un catalogo prodotti, ci si dovrebbe accertare che quell’immagine abbia un profilo, altrimenti dovrebbe essergli assegnato.

Nell’assegnare il profilo all’immagine dovremmo valutarne la correttezza cromatica tramite il nostro monitor che perciò dovrebbe essere di alta gamma.

Non usare mai e poi mai un’immagine senza profilo. Quando vi arriva un’immagine senza profilo, assegnate quello che mantiene o rende i colori più fedeli possibili.

Se sono immagini Rgb, quasi sempre va bene il profilo sRgb. Questo dipende dal fatto che la stragrande maggioranza dei dispositivi, monitor, scanner e macchine fotografiche soprattutto, lavorano nello spazio colore sRgb.

Quando esportiamo il Pdf per la stampa, rilevando il profilo, Indesign convertirà quindi nel modo migliore le immagini contenute nel documento.

Se le immagini nel documento non hanno un profilo assegnato, Indesign assumerà come profilo di partenza lo spazio di lavoro che avete impostato nelle preferenze di Indesign che potrebbero non corrispondere a quelle appropriate per le immagini collegate.

In mancanza di un profilo assegnato, Indesign non avrà modo di interpretare correttamente i valori numerici dei colori usati. Non conosce la “lingua in cui è scritta quell’immagine”.

Potremmo anche non effettuare alcuna conversione in fase di esportazione e a dire il vero questa sarebbe la cosa migliore se offrissimo il nostro file di stampa a un fornitore che sappia gestire molto bene i profili colore ma le immagini devono comunque avere un profilo colore incorporato.

Sarà lo stampatore stesso ad effettuare la conversione nel modo migliore possibile. Sarà più precisa perché adattata alle precise macchine e condizioni di stampa in suo possesso.

In genere però, per evitare complicazioni e responsabilità, lo stampatore pretende un file Pdf impostato secondo un determinato profilo, di solito quello generico Fogra 39.

Il modo corretto e dettagliato di esportare un file da Indesign esula dagli argomenti trattati in questo articolo, ma se comprendi i principi sopra descritti non avrai difficoltà a prenderne dimestichezza.

In definitiva, è sempre lo stampatore a dare indicazioni riguardo il formato di esportazione e il profilo da usare. Nel dubbio dovete riferirvi a lui.

Conclusioni

Se vi approcciate alla stampa on line, nelle istruzioni troverete spesso che i vostri file dovranno essere convertiti nel profilo FOGRA 39.

È un profilo generico che descrive le caratteristiche del colore dei principali strumenti per la stampa professionale, di solito la stampa offset.

Altri stampatori potrebbero richiedere una conversione in altri profili, tarati in modo più preciso sulle loro macchine, sui loro inchiostri e le loro carte.

Come accennavo, da diversi anni esistono dei profili più efficienti: il Fogra 51 e il 52 per esempio, per la stampa offset e offset digitale su carte patinate e uso mano ma sono tuttora scarsamente implementati.

Non ho individuato servizi on line che li usano ma sono usati dai centri stampa di buon livello. Come ho accennato, l’effetto si nota soprattutto su sfumature molto graduali e vale la pena usarli solo per immagini di altissima qualità

I service di stampa che, invece di usare la stampa offset o offset-digitale, usano macchine digitali con inchiostro a polveri (stampa laser), spesso non sanno nemmeno cosa sono i profili colore e vi chiedono semplicemente “un file Cmyk”.

I service “popolari” tagliano quindi corto chiedendovi di convertire i vostri file nel profilo succitato. Non vogliono sporcarsi le mani e fare loro la conversione dei file.

Meglio sarebbe semplicemente inviare i file col profilo originale e lasciare al loro processo di stampa il compito di convertire i colori ma la cultura è quella che è.

Sicuramente si deve fare così per avvalersi della stampa in esacromia o in eptacromia, con 6 o 7 colori (non esiste solo la stampa in quadricromia).

Questo flusso appartiene agli stampatori migliori, quelli che hanno veramente capito la gestione del colore e hanno gli strumenti per gestirla.

Sono quelli ai quali ci si dovrebbe rivolge per stampe di alta qualità, per moda e industrial design ad esempio. I service on line non arrivano a tal punto di accuratezza come ho potuto accertare più e più volte.

È importante ribadire che non siete voi, è lo stampatore a decidere con quale profilo preparare il vostro file per la stampa. Chiedeteglielo, se non è ben espresso nel suo sito web e anche se alla fine quello che spetta a voi è una esportazione corretta nel formato Pdf, comprendere i principi della gestione del colore rende il compito più fluido.

Bene, è stato uno degli articoli più lunghi che abbia mai scritto… sei sei arrivato fin qui devo farti i miei complimenti.

Mi auguro che l’atmosfera nebulosa che circondava l’argomento stia finalmente svanendo, lasciando spazio a una prospettiva più gradevole.

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